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Vitamina D: la vitamina amica delle ossa

Per vitamina D intendiamo tutti quei composti che hanno l’attività del calciferolo e derivano dal ciclopentanoperidrofenantrene, ovvero la vitamina D2 e la D3.

Sintesi e funzioni della vitamina D

La vitamina D è necessaria al corpo per la formazione delle ossa. Non è presente nell’organismo già attiva, ma segue una serie di processi per essere attivata. Il calciferolo, chiamata vitamina D3, è la forma naturale presente nei mammiferi, invece l’ergocalciferolo, vitamina D2 o forma provitaminica di origine vegetale, è la molecola che si forma in seguito all’esposizione ai raggi ultravioletti. Il calciferolo rispetto all’ergocliferolo è 50-100 volte più efficiente. Bisogna però specificare che entrambe le forme, D2 e D3 sono inattive, e che la loro attivazione avviene nel fegato e nei reni.

L’uomo riesce a produrre la vitamina D tramite un precursore, il deidrocolesterolo, il quale deriva dalla riduzione del colesterolo. Questa provitamina si trova nella pelle, e in seguito all’assorbimento dell’energia solare, provoca la formazione di un composto intermedio noto come previtamina D3. Nel giro di 48 ore senza nessun tipo d’aiuto, tale molecola si converte automaticamente a colecalciferolo.  Questa vitamina sintetizzata nella pelle è simile a quella introdotta con l’alimentazione, ed entrambe devono essere prima attivate a livello epatico e poi a livello renale. Infatti, sarebbe più giusto definire la vitamina D come un ormone biologicamente attivo che:

  • Favorisce l’assorbimento di calcio e fosforo nell’intestino
  • Aumenta il riassorbimento osseo
  • Aumenta la capacità da parte del paratormone di riassorbire calcio nell’intestino

Questo tipo di “creazione” copre il fabbisogno di vitamina D dell’80%. La restante percentuale, deriva dagli alimenti assunti con la dieta.

L’energia solare richiesta per l’attivazione tramite il sole è veramente poca. In inverno è più facile esporci per un paio di minuti al sole, in estate invece la cosa diventa difficile, poiché utilizziamo le creme solari che creano uno schermo protettivo. È importante però esporre braccia e volto almeno un paio di minuti il giorno. Bisogna però prestare attenzione poiché i raggi UVB non penetrano il vetro, quindi se ci si espone con una finestra che funge da tramite, l’assorbimento non funziona e non s’innesca il meccanismo.

Assorbimento

Il calciferolo è assorbito nell’intestino con lo stesso meccanismo con il quale sono assorbiti i lipidi. Tramite la combinazione con i Sali si formano le micelle, le quali sono assorbite per diffusione negli enterociti e successivamente incorporati nei chilomicroni. Dopodiché la vitamina  è trasportata nel circolo attraverso i vasi linfatici mesenterici.

A differenza delle vitamine liposolubili che sono immagazzinate nel fegato, le modeste quantità di vitamina D assunte con gli alimenti si conservano nel tessuto adiposo.

 

Vitamina D e calcio

L’1,25-(OH)2-colecalciferolo stimola la proteina che trasporta il calcio, la CaBP, negli enterociti, intervenendo direttamente sulla trascrizione del DNA intestinale, il quale codifica per la proteina e l’RNA polimerasi plasmatica. L’uso degli inibitori della trascrizione e RNA polimerasi, ovvero actinomicina D e a-amanitina confermano quest’azione.

Così facendo viene creato nuovo RNA che favorisce la sintesi nella CaBP, la quale è necessaria per l’assorbimento del calcio. Studi recenti affermano che nel processo è implicato anche l’AMP-ciclico, il quale aumenta nei tessuti proprio grazie all’azione della vitamina D.

Eccesso e carenza

L’eccesso di vitamina D, chiamato anche ipervitaminosi, causa un maggiore assorbimento e riassorbimento osseo del calcio, con diminuzione del PTH sierico e un aumento dell’omeostasi calcinica provocando nausea, vomito, diarrea, ipercalcemia, ipercalciuria, nefrocalcinosi, cardiocalcinosi e calcificazione dei tessuti non ossei.

L’assunzione di dosi in eccesso con la dieta è una situazione quasi inverosimile, poiché le quantità di vitamina D presenti negli alimenti sono poche. Al contempo non si è a conoscenza di casi d’ipervitaminosi D causati da un’eccessiva esposizione al sole. Una delle cause più comune è l’assunzione di dosi smisurate di calciferolo tramite integratori a scopo terapeutico.

Al contrario, ridotte quantità di vitamina D provocano seri problemi alla salute. Poiché il calciferolo è strettamente collegato al calcio e al fosforo, le ossa s’indeboliscono, si deformano e sono più propense a fratture e a deformazione. In pratica, lo scheletro non si mineralizza a sufficienza, si ha debolezza muscolare e dolori addominali.

Nei bambini, la malattia causata dalla carenza di vitamina D è il rachitismo. Comprane nei soggetti con età compresa tra i 4 e i 24 mesi. Le ossa in fase di crescita non si mineralizzano sufficientemente causando deformazioni importanti a livello scheletrico. Nei primi mesi di vita la sintomatologia colpisce il cranio. Si può effettuare una diagnosi distinguendo i sintomi quali sono:

  • Rammollimento delle regioni occipitali
  • Ritardo nella chiusura della fontanella
  • Rosario rachitico
  • Ipertrofia delle cartilagini
  • Incurvamento delle ossa lunghe (arti inferiori e superiori)
  • Ginocchio valgo

Negli adulti la patologia è invece definita osteomalacia e si manifesta con debolezza muscolare, dolori nella zona dorso-lombare, fragilità ossea, propensione alle fratture di bacino e polsi e densità ossea bassa.

La carenza di vitamina D, oltre a creare problemi a livello scheletrico, può essere un trampolino di lancio per malattie cardiovascolari, infatti il 30% dei soggetti che non hanno dosi sufficienti di questa vitamina possono incorrere in cardiopatie.

Dose consigliata e assunzione con gli alimenti

Poiché la percentuale maggiore di vitamina D richiesta dal corpo è sintetizzata a livello cutaneo, il corpo necessità solo del 20% della quantità da assumere tramite la dieta. Anche se la sola esposizione alla luce solare è sufficiente, in particolari soggetti si consigliano le seguenti dosi d’assumere tramite gli integratori o alimenti:

  • Lattanti dai 10 ai 25 micro grammi
  • Bambini con età compresa tra 1 e 3 anni 10 microgrammi
  • Bambini dai 4 ai 10 anni da 0 a 10 microgrammi
  • Ragazzi e ragazze in età adolescenziale (11-17 anni) da 0 a 15 microgrammi
  • Adulti 10 microgrammi
  • Anziani 10 microgrammi
  • Donne incinte 10 microgrammi
  • Nutrici 10 microgrammi

Il contenuto di vitamina D presente negli alimenti di solito è espresso in peso (microgrammi) anche se spesso la vecchia unità UI (unità internazionale) è ancora presente. Per permettere una corretta comparazione diciamo che:

1 UI=0,025 µg di vitamina D

Solo pochi alimenti, di solito di origine animale, contengono concentrazioni di vitamina D significative. L’olio di fegato di merluzzo ne è un esempio con i suoi 210 µg di vitamina su 100g di prodotto, anche se non è solita abitudine il suo consumo. Tra i pesci, in generale, quelli grassi ne possono contenere fino a 25 µg/100g come ad esempio il salmone o le aringhe.

Tra le carni figura il fegato, che però ne contiene quantità molto modeste, quasi delle tracce nella grandezza di 0,5 µg/100g. Tra i derivati del latte, il burro è l’alimento che  presenta maggiore dose con 0,75 µg/100g, seguito dai formaggi grassi con 0,5 µg/100g. In fine le uova hanno un quantitativo di vitamina D pari a 1,75 µg/100g.

I consumi medi di formaggi grassi, uova, frattaglie e pesce hanno permesso di fare una stima di quanta vitamina D il popolo italiano assume giornalmente. Questa si aggira intorno ai 2 microgrammi. Tale ipotesi è rafforzata dai dati ottenuti riguardo la popolazione americana. Anche se loro utilizzano abitualmente alimenti fortificati, i livelli medi d’assunzione si aggirano tra 1,25 e 1,75 microgrammi il giorno.

Alimento da poco presente in Italia, ma molto consumato in tutto il mondo, è il latte fortificato che apporta 10 microgrammi di vitamina per 250 ml.

Per capire se un soggetto è in carenza o eccesso di vitamina D, si possono effettuare le analisi del sangue che valutano la presenza di  25-OH-D plasmatico. Per valori che si aggirano tra 10 e 40 ng/ml si può affermare che non ci sono né segni di carenza né di eccesso.  Per i soggetti che non si espongono al sole la quantità ematica scende a 6-8 ng/ml, invece per chi è stato esposto al sole per lungo tempo, i valori possono raggiungere gli 80 ng/ml.

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