La maggior parte degli studi presi in esame indica che i sopravvissuti al contagio hanno una maggiore probabilità di disturbi a lungo termine, seguiti dalle famiglie delle vittime e dagli operatori sanitari. Il 96% dei sopravvissuti al virus sperimenta infatti i sintomi della Sindrome Post Traumatica da Stress, fino anche ad arrivare in casi estremi al rischio di suicidio. A rischiare di più sono coloro che hanno vissuto l’incubo della ventilazione meccanica: fino a uno su due di questi pazienti è a rischio di sviluppare disturbi psichiatrici come la PTSD con allucinazioni, ricordi di panico e ansia che potrebbero persistere anche fino a 5 anni di distanza. La situazione è risultata particolarmente gravosa anche tra gli operatori sanitari. Grazie a una metanalisi su un totale di 69.499 lavoratori, è emersa un’incidenza del PTSD dal 7,4% al 37,4% con sintomi da uno a tre anni di distanza. Particolarmente esposti allo stress sono anche coloro che rivestono un ruolo di cura (caregivers), in particolare delle persone anziane.
Le incertezze socioeconomiche
“Il malessere psichico dilagante legato alla pandemia, le incertezze socioeconomiche e anche la consapevolezza di dover convivere a lungo con il virus – sottolinea Zanalda – vanno prese in carico subito, con tutti i mezzi a nostra disposizione, compresa la telemedicina, pena il rischio di trovarci a breve di fronte a un boom di nuove diagnosi di disturbo post-traumatico, che a sua volta può compromettere anche la salute fisica delle persone”. Dunque, se ansia, insonnia, frustrazione e irascibilità si protraggono per più di tre settimane “è necessario rivolgersi allo specialista. La telemedicina, in particolare, permette oggi di fornire un’alternativa efficace di supporto psicoterapico – conclude di Giannatonio – con la possibilità di intervenire tempestivamente ed adeguatamente, permettendo di elaborare l’esperienza traumatica da Covid-19”.