I sintomi che possono ingenerare sospetti nei confronti di una intolleranza ad un alimento, sono generalmente a carico dell’apparato digerente: dolori addominali, gonfiore, senso di pesantezza e stanchezza, diarrea, vomito e a volte anche sangue nelle feci. Tutti questi sintomi non sono riferibili solo ad un’ intolleranza alimentare, motivo per il quale chi li avverte dovrebbe sempre consultare un medico.
Test per le intolleranze alimentari: diagnosi e alimenti più frequentemente coinvolti
Una diagnosi efficace parte da una buona anamnesi del paziente e della famiglia, e dall’analisi dei sintomi e di come e quando si manifestano. Anche una visita medica completa deve essere condotta scrupolosamente. Solo dopo sarà consigliabile eseguire i test a disposizione, anche se non tutti vengono accettati di buon grado dai medici.
La sintomatologia si manifesta dopo aver ingerito alimenti davvero molto frequenti sulle nostre tavole. Ecco un breve elenco:
- grano: contenuto in pane, prodotti da forno vari, corn flakes, pizza, impanature, birra;
- latte e derivati: quindi latticini freschi, gelato, biscotti, creme;
- lieviti: utilizzati per pane, pizza, cornetti e brioches, birra, e formaggi fermentati;
- uova: maionese, pasta all’uovo, torte, gelati, budini;
- frutta secca e soia.
Test per le intolleranze alimentari: cosa fare prima di effettuare i test
Innanzitutto occorre far seguire al paziente una dieta a esclusione che consiste in uno speciale regime alimentare che si basa sull’ esclusione, per 2 settimane circa, di un cibo o di un gruppo di cibi sospetti. L’ assenza, o la sensibile diminuzione dell’intensità dei sintomi, sarà utile per effettuare la diagnosi. All’ esclusione deve seguire la graduale reintroduzione degli alimenti esclusi. Nel giro, quindi, di 4 settimane dovrebbe essere possibile riconoscere con una buona approssimazione gli alimenti che inducono il disturbo e che vanno eliminati definitivamente.
I test per le intolleranze alimentari
Per quanto concerne invece i veri e propri test per le intolleranze alimentari, è bene fare innanzitutto una distinzione tra i test per le intolleranze alimentari convenzionali e gli altri. Tra i primi annoveriamo i soliti test per le intolleranze alimentari allergologici, e cioè il Prick Test, il Prick by Prick, il RAST, il Prist, il Patch test, il test di Scatenamento: si eseguono in linea di massima per escludere una allergia, che a differenza dell’intolleranza induce una risposta immunitaria ad un alimento. Tutti questi test vengono di solito effettuati in un ambulatorio medico perché si eseguono contemporaneamente a prove come spirometria, visita medica e altri esami clinici.
I test non convenzionali sono quelli non annoverati nel piano di diagnosi offerto dal Servizio Sanitario Nazionale:
- Alcat Test, riconosciuto dalla U.S. Food and Drug Administration (FDA). Prevede un prelievo di sangue per procedere alla misura della variazione del volume dei granulociti neutrofili, un tipo di globuli bianchi, a contatto con gli estratti degli alimenti sospetti. La lettura dei dati è strumentale. Cito-test, Bryan-test ed il Nu-Tron sono simili ma prevedono la misura dei leucociti e delle eventuali variazioni al microscopio ottico: perciò i risultati potrebbero essere poco riproducibili perché “operatore – dipendenti”.
- DRIA test, un metodo tutto italiano basato sulla teoria delle “riduzione della forza muscolare” a seguito del contatto con la mucosa nasale o sublinguale di una sostanza nociva. Un computer misura la caduta di forza della contrazione del quadricipite femorale. Si considera positivo un indebolimento del 10% a causa del contatto con un determinato cibo.
- Vega test: un test elettro-diagnostico, che non prevede il prelievo di sangue. Durante l’analisi il paziente tiene in mano un elettrodo, collegato a uno strumento di rilevazione dell’energia e il “circuito paziente-strumento” viene chiuso da un puntale metallico che il medico appoggia a un dito della mano. Durante il test nel circuito si inseriscono in sequenza gli estratti delle sostanze da testare e si legge l’eventuale caduta di energia. I test Mora, Sarmtest, Bio Strenght Meter sono simili, ossia sempre basati sul principio dell’elettro-agopuntura secondo Voll. A differenziare questi metodi è per lo più il tipo di puntale per la chiusura del circuito. La limitazione di tutti questi test sembra essere la scarsa riproducibilità dei risultati.
Ai test elettro-diagnostici appartiene anche il Creavutest, piuttosto comune in Italia. Durante l’esame l’operatore appoggia un puntale elettromagnetico sull’indice della mano destra del paziente: punto in cui, secondo i principi dell’agopuntura, passa il meridiano intestinale. Nella mano sinistra il paziente tiene un magnete. Un computer invia al puntale sul dito dei segnali elettromagnetici, gli stessi che gli alimenti testati provocherebbero all’interno dell’intestino.
Tutti questi test sono stati ideati per scovare eventuali intolleranze a cibi o gruppi alimentari: durante il processo si esaminano le risposte a più di 100 alimenti, addirittura 196 con il Creavutest. Più specifici possono essere alcuni esami che il medico proporrà dopo una accurata anamnesi e dopo la prescrizione di una dieta ad esclusione. Tra questi, ad esempio, il Breath-test per individuare un’ eventuale intolleranza al lattosio.