In Italia 6 pazienti su 10 colpiti da spondilite anchilosante hanno dovuto aspettare oltre tre anni dalla comparsa dei primi sintomi prima di ricevere una diagnosi. Solo il 29% dei malati sostiene di avere una buona qualità di vita mentre oltre l’80% ricorre al web per ottenere informazioni sulla malattia.
Contro la malattia esistono farmaci biologici molto efficaci ma ottengono il massimo del risultato solo se iniziati molto precocemente. Il ritardo con cui viene diagnosticata la malattia, fa perdere quindi l’opportunità di accedere a queste cure. “L’83% degli intervistati – afferma Silvia Tonolo, presidente Anmar – ha dovuto effettuare 4 o più visite mediche prima di avere una diagnosi corretta. I lunghi tempi d’attesa complicano il quadro clinico di una malattia di per sé già molto invalidante”. Per carenza nell’attivazione di percorsi diagnostico terapeutici, infatti, lo specialista reumatologo viene coinvolto mediamente troppo tardi nel processo diagnostico. “Se vogliamo garantire migliori condizioni di vita ai pazienti e prevenirne la disabilità – conclude Francesco Ciccia, ordinario di Reumatologia dell’Università della Campania Vanvitelli – bisogna favorire gli interventi terapeutici tempestivi. Fondamentale deve essere il ruolo del medico di medicina generale che viene interpellato, alla comparsa dei sintomi iniziali, nel 45% dei casi”.