sindorme di williams - Foto di Karolina Grabowska/pexels.com
L’incidenza della sindrome di Williams non è alta, ma pur sempre sottovalutata. Il fatto è che solo di recente è stata riconosciuta. La prima volta che i sintomi sono stati descritti era il 1960, dal dottor Williams appunto. Questa malattia genetica provoca ritardo cognitivo, malformazioni cardiache e anche deficit nello sviluppo.
Non c’è invece una distinzione tra maschio e femmina. Le persone che ne sono colpite hanno tratti fisiologici particolari. Intorno al bulbo oculare c’è una sorta di gonfiore perenne, mentre la base del naso è appiattita. Il labbro superiore ha una lunghezza maggiore rispetto a quello inferiore, quest’ultimo però è molto più prominente. I denti sono piccoli e separati tra di loro e il mento è molto più piccolo rispetto al resto del viso.
Queste caratteristiche somatiche vengono spesso radunate sotto il termine “viso ad elfo”. C’è da aggiungere poi che gli occhi sono spesso distanti, le guance paffute e un’altra caratteristica tipica è lo strabismo.
Quali sono le anomalie del volto lo abbiamo giù visto. I bambini con la Sindrome di Williams, ugualmente ad esempio alle persone con la Sindrome di Down o di Patau, non hanno come unica peculiarità dei tratti del viso diversi.
Gli altri sintomi riguardano sia il campo fisico, motorio e quello dello sviluppo.
A livello sociale le persone colpite da sindrome di Williams sono molto gentili, tendono ad essere espansivi anche con gli estranei. Tuttavia però, con i propri coetanei, come ad esempio i compagni di scuola, hanno difficoltà a relazionarsi.
La sindrome di Williams è correlata ad una microdelezione che interviene sul cromosoma 7, nonché alla rimozione di alcuni geni che si trovano intorno e che sono collocati in una specifica regione del cromosoma, che prende il nome di q11.23. Tale microdelezione va a comprendere anche il gene che è in grado di codificare per l’elastina, che rappresenta un elemento fondamentale per i tessuti connettivi. Nello specifico, risulta di fondamentale importanza per quanto concerne le arterie. Rispetto a tanti altri disturbi di questo tipo, la sindrome di Williams si caratterizza per non avere effetti che sono legati al genitore che l’ha trasmessa.
Non dobbiamo dimenticare anche come il pericolo che una coppia di persone sane possa procreare più di un figlio colpito da tale sindrome sia veramente molto basa. Infatti, nella popolazione complessiva si tratta di una malattia che si manifesta molto di rado. Ad ogni modo, le probabilità arrivano fino al 50% quando uno dei due genitori è colpito da tale sindrome.
Tante volte, inoltre, si può indagare sulla presenza di tale patologia per via di alcune tipicità comportamentali di alcuni bambini, che sviluppano una tendenza ad essere eccessivamente amichevoli. Nel momento in cui vi è anche solo un sospetto di tale sindrome, viene svolto un esame di ibridizzazione fluorescente in loco. Questo test consente di individuare la microdelezione sul cromosoma 7. In questo senso, è fondamentale per avere la conferma della presenza della sindrome di Williams.
1 persona su 20.000 ne soffre, indifferentemente dal sesso. I sintomi sono piuttosto distintivi e vanno dal ritardo mentale ai problemi cardiovascolari, passando da caratteristici tratti del volto (il “viso ad elfo”), problemi nella crescita, iperattività etc. Ma quali sono le cause della sindrome di Williams?
Le cause di questa sindrome sono state studiate molto a lungo e da diversi professionisti, non tutti i punti però sono chiari. La conclusione è che questo disturbo ha origine nel campo genetico. Quando genitore e figlio soffrono della sindrome di Williams, presentano un’elevata somiglianza a livello fisico ma, il resto dei sintomi può variare molto.
Questa anomalia genetica è causata da alcune alterazioni cromosomiche. Il motivo per cui avvengono queste alterazioni è comunque imprevedibile. Secondo gli studiosi una delle principali cause è la perdita da parte del cromosoma 7 del braccio lungo. Portando così un ritardo nello sviluppo. Proprio qui, è presente il gene che si occupa di sintetizzare l’elastina, una proteina che è responsabile di mantenere elastici gli organi e i tessuti del corpo. Questo influisce poi sull’elasticità dei vasi sanguigni.
Numerosi sono gli studi che sono stati effettuati su questa particolare sindrome. Soprattutto si tratta di test e studi di carattere cognitivo e linguistico, ma anche neuropsicologico. Questa patologia presenta un tratto cognitivo-linguistico certamente ben poco usuale. Infatti comporta dei danni per quanto riguarda il funzionamento visuo-spaziale, mentre il linguaggio espressivo risulta essere vicino alla normalità. Anche se effettivamente i punti di vista degli studiosi in merito a tale punto sono numerosi, gli esperti sono concordi su un elemento.
Ovvero che le persone che soffrono di tale sindrome presentano dei punti di forza e debolezza dal punto di vista cognitivo. Di norma, tali pazienti si possono tranquillamente comprendere nella categoria del ritardo mentale piuttosto lieve o moderato. Anche se gli studi relativi al quoziente intellettivo hanno dato esiti normali, in realtà il profilo intellettivo di tali soggetti è piuttosto ondulatorio. Tra i punti di forza troviamo sicuramente il riconoscimento di volti e l’intelligenza sociale.
Il linguaggio di tali pazienti ha la particolare tendenza a svilupparsi in modo molto lento nel corso dell’età prescolare. Diversi elementi del primo linguaggio possono apparire atipici. Si tratta, giusto per fare qualche esempio, dell’assenza dei gesti di indicazione e di vari altri gesti di comunicazione nella fase che precede l’utilizzo delle prime parole. Sia in età scolare che durante l’età adulta, tante persone che soffrono di tale malattia le capacità verbali rimangono notevolmente superiori in confronto a quelle visuo-spaziali e a quelle di carattere motorio.
Gran parte di tali pazienti presenta una padronanza del linguaggio del tutto atipica. Infatti, la comprensione si caratterizza per essere decisamente più limitata in confronto all’espressione. Quest’ultima, infatti, ha la tendenza ad essere piuttosto corretta dal punto di vista della grammatica. Di conseguenza, la maggior parte delle persone che soffrono di tale sindrome può contare su un vocabolario piuttosto completo e sviluppato, che ha la tendenza ad ampliarsi con il passare degli anni. Il problema è che tale vocabolario viene impiegato in maniera eccessivo e, nella maggior parte dei casi, in maniera del tutto inappropriata. Piuttosto di frequente, infatti, vengono usati dei cliché e delle frasi stereotipate.
Nello specifico nei bambini che soffrono di questa particolare sindrome, la presa in carico psicomotoria o neuropsicomotoria è ormai un’abitudine particolarmente diffusa e consolidata. La cura a livello psicomotorio dovrebbe cominciare a partire dal primo anno di età fino ad arrivare a sei-otto anni, chiaramente sempre in base alle caratteristiche del singolo piccolo paziente. Nel corso delle diverse tappe evolutive i ragazzi che soffrono di questa sindrome troveranno varie figure sul loro percorso che andranno a supportare il loro sviluppo in base all’età.
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