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Quando si parla di rigetto dei trapianti si fa riferimento a delle situazioni in cui il sistema immunitario di un soggetto che ha subito un trapianto va ad attaccare il nuovo organo che è stato introdotto, visto che viene individuato esattamente allo stesso modo di un batterio o di un virus.
Un caso molto particolare di rigetto dei trapianti è quello relativo alla patologia del trapianto contro l’ospite (che in lingua inglese prende il nome di GVHD).
Ci sono tre tipologie principali di rigetto: la prima forma viene chiamata rigetto iperacuto, che si verifica nel giro di pochi minuti (al massimo entro qualche ora) da quando è stato portato a termine il trapianto ed è legato in modo particolare a delle lesioni che sono mediate da immunocomplessi nell’ambito dell’endotelio dei vasi.
La seconda forma è il rigetto acuto, che si verifica dopo un lasso di tempo compreso tra cinque e dieci giorni in seguito all’operazione nel caso in cui il paziente non sia in cura con farmaci immunosoppressori.
Quando invece il trattamento farmacologico viene seguito, il rigetto acuto può insorgere con tempistiche molto più lunghe. Il rigetto dei trapianti cronico rappresenta la terza forma e comporta la perdita di ogni funzionalità a lungo andare dell’organo che è stato trapiantato.
In seguito al trapianto, la prima fase è relativa all’attecchimento delle CSE trapiantate. Nella maggior parte dei casi tale processo si verifica in seguito a 12-15 giorni dopo il trapianto. L’indizio principale è legato all’incremento progressivo del quantitativo di granulociti che si trovano all’interno del sangue oltre la quota di 500/mm3 in tre esami giornalieri di fila. Il primo di tali tre giornate di analisi viene chiamato data dell’attecchimento.
Nei casi di maggiore gravità l’attecchimento può anche non esserci, mentre in altre occasioni subito dopo l’attecchimento si può verificare, anche nel giro di meno di dodici mesi, il rigetto.
Il rigetto del midollo osseo è legato al calo del quantitativo di granulociti al di sotto della soglia dei 100/mm3 e alla diminuzione della cellularità midollare al di sotto della soglia del 5%, dopo un attecchimento tutto sommato nella normalità.
I più importanti motivi per cui si può verificare il rigetto sono la mancanza di soppressione del sistema immunitario del paziente, la non compatibilità HLA tra il ricevente e il donatore e la mancanza, o la notevole diminuzione, della immunoreattività della sospensione di CSE che sono state trapiantate.
Il rigetto fa riferimento solamente ai trapianti allogenici. Al giorno d’oggi, il rigetto è un evento che capita piuttosto di rado ed incide sul risultato del trapianto in meno del 2% dei casi.
Dal punto di vista internazionale è stata realizzata una stadiazione legata al rigetto del cuore che comprende vari livelli di intensità. Questa classificazione viene eseguita dopo un’attenta valutazione delle biopsie endomiocardiche seriate a cui viene sottoposto il paziente.
Per questa ragione troviamo quattro stadi del rigetto cardiaco. Il primo stadio è quello che prende il nome di rigetto lieve: si tratta di una forma che si può ritrovare praticamente in quasi tutti i pazienti, visto che ha natura fisiologica e non comporta l’inizio di alcun tipo di terapia.
Tra i principali sintomi troviamo degli infiltrati focali perivascolari ed interstiziali di linfociti, che non provocano però alcun danno alle cellule.
La seconda forma è quella del rigetto moderato. In questo caso, gli infiltrati locali di linfociti hanno dimensioni superiori e, in alcuni casi c’è anche un danno a livello cellulare (nella tipologia B).
La terza forma prende il nome di rigetto severo può insorgere con degli infiltrati di eosinofili e polimorfonucleati, con un edema presente a livello interstiziale, con una probabile emorragia che viene provocata dalla rottura dei vasi del microcircolo, senza dimenticare l’ulteriore conseguenza della necrosi miocitaria e danni a livello delle cellule.
La quarta e ultima forma è quella del rigetto riparativo, in cui il quadro istologico migliore per il paziente si ottiene solamente in seguito alla biopsia che segue un rigetto.
Il rigetto si manifesta, in seguito ad un trapianto di rene, in modo particolare con un incremento della creatinina plasmatica. Altri segnali che possono insorgere con una notevole frequenza troviamo la febbre, l’aumento delle dimensioni del rene e correlato dolore, lo sviluppo di edemi sulle gambe e un’importante riduzione della diuresi.
Il rigetto, invece, del pancreas piuttosto che delle isole di Langerhans può insorgere con un incremento della glicemia che va a causare una notevole sete nel paziente e un innalzamento della diuresi. In modo particolare, nel trapianto di pancreas anche un incremento delle concentrazioni delle amilasi e delle lipasi plasmatiche può portare a pensare potenzialmente ad un rigetto.
La diagnosi di tale situazione avviene soprattutto dopo una biopsia renale oppure pancreatica. In questi casi, il paziente viene sottoposto ad un prelievo di materiale dell’organo che è stato trapiantato: l’esame viene svolto in anestesia locale, sempre guidato dall’ecografia.
Lo studio del materiale che è stato prelevato, successivamente, consentirà di avere le conferme o meno in seguito ad un possibile rigetto. La biopsia renale può essere effettuata anche quando si ha il sospetto che il paziente abbia una notevole tossicità rispetto ai farmaci oppure in seguito a delle infezioni o ad altre malattie che possono andare a provocare danni al rene.
La stessa operazione della biopsia presenta alcune complicanze, come ad esempio il sanguinamento che, di solito, però, non sono in grado di danneggiare in modo permanente la funzionalità svolta dall’organo.
Il trapianto del rene è certamente un’operazione particolarmente complicata, esattamente come tutte le altre tipologie di trapianto. In questi casi, le complicanze principali sono il dolore, il ritardo nella guarigione della ferita, emorragie e un pericolo notevole di infezioni.
Le infezioni possono svilupparsi per colpa dell’impiego di medicinali soppressori del sistema immunitario, che devono essere somministrati proprio per allontanare il pericolo derivante dal possibile rigetto dell’organo che è stato trapiantato. Questa condizione, però, fa in modo che l’organismo sia maggiormente esposto agli agenti infettivi, come ad esempio batteri, virus e funghi.
Senza ombra di dubbio, la complicazione principale è quella legata al rigetto, ovvero la situazione in cui il corpo del paziente va a rifiutare il rene che è stato donato. Ciò avviene nel momento in cui il sistema immunitario del corpo considera il reno come un oggetto estraneo.
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