Il pavor notturno colpisce maschietti e femminucce nelle medesime proporzioni; prevalentemente questi episodi si manifestano nei bimbi tra il terzo ed il decimo anno di età (dal dieci al quattordici percento all’incirca), diminuendo a mano a mano che il bimbo cresce (tre percento circa a undici anni, due percento a dodici anni e un percento a tredici anni).
Le modalità in cui si manifesta
Mentre ci si trova nelle fasi tre e quattro del sonno N – REM, quindi sonno profondo, avviene un risveglio parziale e, in preda a intensissima agitazione, si arriva ad urlare, si suda, si sbianca in volto. Altri sintomi sono l’accelerazione del respiro, un aumento della frequenza cardiaca della pressione sanguigna ed i muscoli entrano in tensione.
Il bimbo appare come inconsolabile e la sua risposta agli stimoli esterni appare molto scarsa e, ove mai venga risvegliato, comunque appare disorientato e molto confuso. In taluni casi può anche non riconoscere, nei primi momenti, le persone care che gli sono vicino.
Normalmente il soggetto colpito, al momento del risveglio mattutino non ricorda niente di quanto accaduto la notte.
Questi episodi di pavor notturno compaiono, generalmente, durante la prima parte (il primo terzo) della nottata, con una durata che varia da pochi secondi fino anche ad alcuni minuti.
Le cause
Non sono per niente note, qualche fattore che possa influenzare la comparsa del disturbo però è stato identificato: un’alterazione degli equilibri idrosalini, asme notturne, l’apnea, deprivazioni di sonno, distensioni vescicali, la febbre, reflussi gastroesofagei, qualche tipo di stimolazione sonora o luminosa mentre si dorme, come anche stati di stress e la vegetazione adenoidea.
Anche una componente di tipo genetico pare sia influente: bimbi con parteni che abbiamo a loro volta sofferto di questo disturbo pare siano sottoposti al rischio di contrarlo dieci volte superiore alla media.
Questo disturbo ha un nesso con disturbi psicologici?
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E’ una domanda che si sono posti tantissimi genitori, ma non esiste studio condotto su questo disturbo che dimostri che chi ne offre sia più a rischio di altri di sviluppare qualche altro disturbo di tipo psicologico.
Questa questione, però, assume altre connotazioni nel caso in cui si tratti di individui adulti, per i quali il rischio di sviluppare problemi psicopatologici (ad esempio i disturbi post-traumatici da stress) è, in effetti, più elevato.
Diagnosi
Per diagnosticare il pavor notturno normalmente basta la storia clinica del paziente. Si consiglia la polisonnografia in quei casi in cui si rivela fondamentale la diagnosi differenziale con qualche episodio di epilessia notturna o qualora si tema un disturbo respiratorio nel sonno (favorisce l’insorgenza del disturbo).
Come si può curare?
Nei casi in cui il disturbo non si manifesti in modo particolarmente frequente e non provochi alcun rischio per il piccolo paziente non è il caso di intervenire con cure farmacologiche. In linea generale è sufficiente assicurarsi che non vi siano pericoli “fisici” per il bambino, non svegliarlo durante gli episodi notturni, non raccontargli la mattina dopo cosa gli è successo di notte, evitare che assuma bevande contenenti caffeina, assicurargli ritmi di veglia e sonno regolari e, anche, programmare una sveglia poco prima dell’orario in cui in genere avviene l’episodio (in genere l’episodio avviene più o meno allo stesso orario).
Trattamenti farmacologici sono raccomandati esclusivamente in quei casi in cui gli episodi siano molto frequenti e mettano a rischio l’incolumità del bimbo. La terapia farmacologica in genere è a base di benzodiazepine o comunque di principi attivi contro la depressione. Poiché gli effetti indesiderati di queste categorie farmacologiche sono piuttosto “importanti”, la terapia farmacologica deve essere intesa proprio come “ultima spiaggia”.