Questa patologia infiammatoria sistemica, alcune volte, può attaccare anche tutti il colore e presenta tipicamente degli autoanticorpi: si tratta di anticorpi che vanno a contrastare i normali elementi che formano l’organismo, come ad esempio dei costituenti dei tessuti e, nello specifico, quelli del nucleo delle cellule.
Questa malattia va a colpire con una leggera prevalenza le persone di sesso femminile e di solito l’età è compresa tra 10 e 40 anni. Questa malattia presenta di solito dei sintomi particolarmente vari e diversi tra loro.
Sintomi
Inizialmente i sintomi di questa patologia non sono particolarmente intensi, ma possono prendere di mira diversi organi e apparati. La comparsa di tali sintomi può avvenire nel giro di qualche settimana, di diversi mesi o anche di qualche anno.
Tra i sintomi maggiormente diffusi troviamo un senso di malessere generale, stanchezza, mancanza di appetito, riduzione di peso e febbre. Anche sulla cute ci possono essere dei sintomi, come nel caso dell’eritema definito a farfalla, che ricopre le guance e si trova soprattutto nei bambini. Le lesioni ulcerate, ovvero le afte, di solito vanno a colpire la mucosa del naso o della bocca. Dei rash discoidi possono manifestarsi in faccia, ma anche sulle orecchie, così come su torace e braccia.
Nel momento in cui le lesioni svaniscono, c’è la possibilità che sulla pelle restino delle cicatrici. Spesso può insorgere anche alopecia, ovvero una notevole perdita di capelli, così come le dita delle mani, quando vengono a contatto con temperature molto basse, possono addirittura modificare il proprio colore e da rosa assumere una colorazione bianca, rossa o blu.
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Con malattia autoimmune, in medicina, si indica l’alterazione del sistema immunitario che dà origine a risposte immuni anomale o autoimmuni, cioè dirette contro componenti dell’organismo umano, in grado di determinare un’alterazione funzionale o anatomica del distretto colpito.
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Diagnosi
Il medico arriva ad una diagnosi sia dopo aver individuato i danni che sono stati subiti dai differenti organi che mediante degli esami di laboratorio. Infatti, il paziente potrebbe aver subito delle anomalie negli esami del sangue. Nello specifico si tratta di un abbassamento dei globuli bianchi, ma anche una riduzione dei globuli rossi e dell’emoglobina, oltre che una minor quantità di piastrine.
Anche gli indici di infiammazione possono tornare decisamente utili. Infatti, sia la PCR che la VES possono garantire informazioni interessanti. Inoltre, quando i livelli di alcune proteine del complemento sono più bassi rispetto al solito, ciò può indicare la presenza di una malattia in corso, soprattutto nel caso in cui il paziente sia sofferente anche ai reni.
Diversi autoanticorpi dosabili che si trovano nel sangue sono di solito presenti in questa malattia e consentono di capire quale sia il livello di attività che caratterizza la patologia, anche e soprattutto nel corso delle terapie. Gli altri esami, come ad esempio la radiografia, ecografica, biopsia e altri test funzionali) possono tornare decisamente utili per capire quali effetti possa provocare il lupus eritematoso sistemico su diversi organi del corpo.
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Il test ANA identifica la presenza di questi autoanticorpi nel sangue. La presenza di ANA può essere un marcatore di un processo autoimmune ed è associata con alcune malattie autoimmuni. La malattia autoimmune in cui vengono più frequentemente osservati è il Lupus eritematoso sistemico (LES).
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Che dieta bisogna seguire
Un’alimentazione corretta ed equilibrata è indubbiamente una componente molto importante nella terapia del lupus eritematoso sistemico. Tutti coloro che soffrono di tale patologia, infatti, farebbero meglio a seguire un’alimentazione che prevede un buon consumo di verdura, frutta e cereali integrali. Inoltre, si consiglia di mangiare sempre con grande attenzione e moderazione pollame, carni e pesce grasso.
Un’alimentazione corretta e salutare, infatti, può garantire un rafforzamento delle ossa e dei muscoli, abbassa l’infiammazione e gli altri sintomi connessi al lupus eritematoso sistemico, combatte gli effetti collaterali dei vari medicinali, abbassa anche il pericolo che si sviluppano patologie cardiache.
I Cibi
I cibi che possono vantare un’azione tipicamente antinfiammatoria, come ad esempio frutta e verdure, che presentano un’alta concentrazione di antiossidanti possono essere molto utile per ridurre il processo infiammatorio che caratterizza il lupus. Al tempo stesso, i medesimi benefici possono essere apportati da alimenti che presentano una buona quantità di acidi grassi omega 3.
È meglio, invece, evitare il più possibile i grassi saturi, dato che sono in grado di provocare un incremento dei livelli di colesterolo ed aumentare l’infiammazione. Tra i vari cibi grassi saturi troviamo gli alimenti che sono stati fritti, i prodotti da forno tipicamente commerciali, le salse, la carne rossa, formaggi e prodotti caseari con un’alta presenza di grassi e grassi che hanno una derivazione animale.
Il lupus eritematoso cutaneo
Il lupus eritematoso cutaneo subacuto si può considerare come un’eruzione cutanea che insorge con delle macchie che somigliano, sotto molti aspetti, alla psoriasi, ma hanno una colorazione eritemato-violaceo.
Le lesioni, nella maggior parte dei casi, vanno a colpire le spalle, la parte più alta del tronco, la zona estensoria delle braccia, il dorso delle mani e, in alcuni casi, anche sul volto.
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Il pomfo è anche la lesione che compare sulla pelle in seguito ad una puntura di zanzara o come conseguenza di allergie alimentari e reazioni di ipersensibilità ai farmaci.
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Il lupus eritematoso cutaneo subacuto si contraddistingue per l’insorgere di episodi d’eruzione, che di solito si manifestano quando la pelle entra a contatto con i raggi del sole, alternandosi a dei periodi di quiescenza. Il trattamento che viene indicato nella gran parte dei casi è quello che prevede la somministrazione di antimalarici e corticosteroidi, mentre la cura addizionale spesso prevede l’uso di interferone, talidomide, dapsone, retinoidi ed elementi immunosoppressivi.
Terapie
Spesso il trattamento del LES è farmacologico e prevede l’impiego di medicinali che possano andare a disattivare il processo autoimmune in corso nel corpo. In questo modo, si può evitare che gli organi danneggiati subiscano dei guai via via sempre peggiori. Ovviamente, prima di stabilire qualsiasi terapia farmacologica, il medico dovrà avere un quadro chiaro su quali siano gli organi e gli apparati che sono stati danneggiati. Questa cura, nella maggior parte dei casi, prevede l’impiego di farmaci che combattano l’infiammazione e di immunosoppressori.
Tra i vari farmaci che contrastano lo stato di infiammazione troviamo il cortisone, che è quello più largamente usato, anche se presenta un elevato numero di effetti collaterali, che emergono con maggiore incisività in caso di utilizzo prolungato nel tempo. Il cortisone, infatti, è in grado di provocare un aumento di peso, ipertensione, incremento della glicemia e osteoporosi.
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Gli ENA (Extractable Nuclear Antigen) sono antigeni nucleari estratti dal nucleo cellulare. Nelle patologie su base autoimmunitaria vengono prodotti diversi tipi di anticorpi diretti contro specifiche componenti nucleari che non sono più riconosciute come proprie (perdita della tolleranza immunitaria).
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Per fare in modo che il cortisone non porti a tutti questi effetti collaterali viene spesso impiegato in associazione ad altri farmaci per fare in modo di ridurre l’infiammazione nel minor tempo possibile e, di conseguenza, diminuire anche il periodo di trattamento a base di cortisone. Gli immunosoppressori che sono più largamente impiegati sono l’azatioprina e il methotrexate.
Quando gli organi interni subiscono dei danni importanti, allora ci sono dei trattamenti a base di farmaci più potenti, che consentono di gestire meglio la patologia, ma la cui assunzione deve essere verificati direttamente in base al caso concreto e alle condizioni di salute effettive del paziente.
Bibliografia
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