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L’ipercalcemia può derivare da tre differenti meccanismi che possono essere correlati o meno. Il primo è un incremento nell’assorbimento del calcio a livello dell’intestino; il secondo è un rilascio troppo alto di calcio da parte delle ossa; il terzo meccanismo è un abbassamento nell’escrezione di calcio a livello dei reni. È importante mettere in evidenza come i sintomi clinici di questa patologia possono esprimersi davvero in tanti modi e situazioni, tra cui affaticamento, stipsi, letargia, nausea, fino ad arrivare anche a quelli più gravi, come ad esempio stupore e coma.
La forma di ipercalcemia più grave è sicuramente quella di quarto grado, in cui il rischio di morire è fondato. In questa gravissima forma troviamo dei valori di calcio nel sangue maggiori di 14,8 mg/dL, che sono in grado di provocare una riduzione della lunghezza della sistole elettrica Q-T, fino a portare il paziente anche ad avere un arresto cardiaco.
Il paziente potrebbe non avere segni o sintomi se la condizione di ipercalcemia è lieve. Casi più gravi producono invece sintomi ben più evidenti, relativi alle parti del corpo colpite dagli alti livelli di calcio nel sangue. Gli esempi più ricorrenti includono:
Oltre a contribuire alla generazione di ossa e denti forti, il calcio aiuta i muscoli a contrarsi e i nervi a trasmettere correttamente i propri segnali. Normalmente, se non c’è abbastanza calcio nel sangue, le ghiandole paratiroidi secernono un ormone che si attiva per poter assolvere a diverse funzioni, cercando di conservare un equilibrio.
Tuttavia, quando il paziente è affetto da ipercalcemia, significa generalmente che qualcosa turba l’equilibrio tra calcio troppo basso e troppo alto nell’organismo.
Alcune delle più ricorrenti determinanti potrebbero essere ricondotte a:
Le donne di età superiore ai 50 anni sono le pazienti a più alto rischio di ghiandole paratiroidi iperattive.
Le principali complicazioni dell’ipercalcemia possono includere:
Poiché l’ipercalcemia può causare pochi o nessun sintomo, in realtà il paziente potrebbe non sapere di soffrire di tale disturbo fino a quando le analisi del sangue di routine non manifestano un alto livello di calcio nel sangue. Per determinare se l’ipercalcemia è causata da un problema di fondo, come il cancro o la sarcoidosi, il medico potrebbe consigliare esami di imaging delle ossa o dei polmoni.
Se la condizione di ipercalcemia è lieve, il medico potrebbe scegliere di rimanere in attesa, monitorando le ossa e i reni nel tempo per essere sicuri che rimangano sani.
In alcuni casi, il medico potrebbe consigliare una terapia farmacologica a base di Calcitonina, Calcimimetici, Bifosfonati, Denosumab, Prednisone.
Si tenga comunque conto che in pochi casi i livelli di calcio estremamente elevati possono diventare un’emergenza medica. Potrebbe in queste ipotesi essere necessario il ricovero in ospedale per il trattamento con liquidi per via endovenosa e diuretici per abbassare prontamente il livello di calcio e prevenire così i problemi di ritmo cardiaco o i danni al sistema nervoso.
L’ipercalcemia è una condizione clinica che si riscontra spesso anche nei cani: i livelli di calcio, quindi, sono più alti rispetto ai valori normali. Nei cani adulti, si parla di concentrazioni normali quando i livelli di calcio sono compresi tra 9 e 11,6 mg/dl. Questa condizione clinica insorge quando la quantitò di calcio nel sangue va oltre la soglia di 13 mg/dl. Tra i vari sintomi che può comportare questo disturbo troviamo disidratazione, mancanza di appetito, vomito, letargia, debolezza, un incremento nella produzione di urina e può portare i cani anche a bere elevati quantitativi di acqua. In questi animali domestici le possibili cause che portano all’ipercalcemia corrispondono soprattutto a problematiche come disidratazione o elevata concentrazione di grassi all’interno del sangue, ma anche patologie ben più gravi, come varie tipologie di cancro. Sarà poi il veterinario che dovrà intervenire svolgendo adeguati test in maniera tale da individuare la causa scatenante in modo corretto.
L’ipercalcemia si può considerare come la manifestazione paraneoplastica che insorge più di frequente. Diverse ricerche hanno permesso di mettere in evidenza come più del 10% dei pazienti neoplastici hanno la possibilità di soffrire di tale modifica elettrolitica, con dei picchi anche fino al 25% per diverse tipologie di tumori, come ad esempio quello che colpisce la zona della testa-collo, quelli polmonari e quelli della mammella. Sono le due cause patogenetiche che scatenano l’ipercalcemia paraneoplastica. Il primo è un meccanismo correlato con la diffusione del peptide PTH-correlato da parte delle cellule tumorali che, in maniera più o meno diretta, va a stimolare l’attività degli osteoclasti. La seconda causa è un meccanismo correlato ad una diffusione paracrina ad opera delle metastasi ossee di varie citochine, in grado di andare a svolgere un’azione stimolante diretta sugli osteoclasti. Dal punto di vista diagnostico, l’approccio all’ipercalcemia nei pazienti con neoplasia è del tutto simile a quello degli altri pazienti. Bisogna sottolineare, infine, come l’evoluzione medica nelle terapie chemioterapiche dei tumori e l’uso sempre più frequente dei bifosfonati pare aver dato nuovo impulso al contrasto dell’ipercalcemia nei pazienti che soffrono di metastasi alle ossa.
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