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In commercio è sempre più facile trovare degli indicatori di ferro. Ma perché vengono venduti e – ancor prima – pubblicizzati con simile insistenza? Cerchiamo di trovare una risposta compiuta a tale domanda, cominciando con il ricordare che di norma la maggior parte degli individui non necessita di alcun integratore di ferro, considerato che è sufficiente un’adeguata assunzione degli alimenti che lo contengono (come la carne, il pesce, i legumi) per potersi assicurare riserve in abbondanza.
Tuttavia, alcuni individui – e in alcune situazioni – il ferro può scarseggiare e, di conseguenza, può rendersi necessaria una integrazione attraverso degli appositi prodotti che possano scongiurare la sua carenza, e la possibilità che tale penuria possa poi evolvere in anemia sideropenica. Generalmente, gli individui che necessitano di integrazione di ferro sono le donne (e in esse quelle che hanno mestruazioni abbondanti), le persone con ridotto assorbimento di ferro (per steatorrea intestinale, diarrea cronica, ipocloridria, gastrectomia, utilizzo di farmaci antiacidi, ecc.), i celiaci, chi segue una dieta vegetariana o abusa di fibre alimentari, chi ha un’attività fisica molto intensa, chi è in gravidanza o sta allattando.
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Per tutti gli individui di cui sopra – e non solo – gli integratori di ferro sono necessari poiché l’apporto alimentare del minerale è ridotto (o, in altri casi, quando aumentano le perdite o diminuisce la capacità dell’organismo di assorbirlo). Si tenga tuttavia conto che l’assunzione di un integratore di ferro non dovrebbe essere lasciato alla libera valutazione dell’individuo, quanto il frutto di una piena condivisione con il proprio medico di fiducia.
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Gli integratori di ferro più diffusi in commercio sono concretizzati con compresse a base di sali organici ferrosi, da assumersi a stomaco vuoto per poterne favorire l’assorbimento. Altri farmaci, come le tetracicline, limitano invece l’assorbimento del ferro e devono essere assunti a distanza di almeno due ore. In altri casi – specialmente, laddove vi sia un’intolleranza gastrica, gli integratori di ferro possono essere assunti anche in concomitanza con il pasto.
Al di là degli integratori di ferro prescritti dal medico, è opportuno ricordare che – come già dichiarato in anteprima – esistono degli integratori liberamente acquistabili, che contengono dosaggi di ferro inferiori rispetto ai medicinali soggetti a prescrizione medica. Di norma si tratta di integratori di minerali e vitamine, dove il ferro viene associato alla vitamina C (elemento utile per poterne favorire l’assorbimento), acido folico, vitamine B6 e B12.
Generalmente, la terapia consigliata dal medico inizierà con disaggi ridotto e progressivamente crescenti. L’obiettivo è evitare i principali effetti collaterali degli integratori ferrosi, che possono determinare situazioni di intolleranza, e generare diversi disturbi di origine gastrointestinale come la diarrea, la stitichezza, la nausea, il vomito, i dolori addominali e la tipica colorazione nera delle feci. Potrebbe dunque essere utile cercare di ridurre la singola dose, prolungando la durata della terapia complessiva, o incrementare il numero di somministrazioni quotidiane con dosi più ridotte.
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In ogni caso, la terapia con integrazione del ferro è evidentemente molto lunga, e si estende generalmente per almeno tre o quattro mesi dopo il raggiungimento del normale livello di emoglobina, in modo da saturare le scorte dell’organismo e prevenire le ricadute.
Un supporto verso la corretta possibilità di ristabilire gli esatti livelli di ferro viene altresì fruito dalla possibilità di lavorare sulla capacità di originario assorbimento. Il ferro viene infatti assorbito prevalentemente nel duodeno, nel tratto prossimale dell’intestino tenue. A sua volta, attraverso un’opportuna dieta è possibile influenzare la corretta assunzione e assimilazione del ferro. Alcuni fattori possono infatti supportare l’assorbimento intestinale del ferro non EME, come:
Altri fattori non alimentari che possono favorire l’assorbimento intestinale del ferro sono l’esercizio fisico, la vita in quota, la gravidanza, l’assunzione di aminoacidi. Di contro, esistono altresì fattori che ostacolano l’assorbimento intestinale di ferro non EME. Ecco i principali:
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In linea di massima, anche in questo caso sarebbe necessario condividere tutte le proprie perplessità con il medico. In linea generale, infatti, le persone sane assorbono circa il 10% del ferro alimentare, ma in condizioni di carenza la percentuale può aumentare fino al 20-30%. Nello specifico, l’intestino sarà in grado di assorbire tra il 2 e il 10% del ferro fornito dai vegetali, e tra il 10-35% di quello contenuto nelle fonti animali.
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