Le immunoglobuline non sono un gruppo di molecole unico, ma si possono considerare scisse in più tipologie, ognuna con un ruolo ben preciso e in una quantità variabile all’interno del tessuto ematico.
Più precisamente, è possibile distinguere cinque classi di immunoglobuline, ognuna delle quali svolge una funzione diversa, ovvero le IgG, IgA, IgM, IgD e IgE. Le classi IgG e IgA vengono di conseguenza suddivise, a loro volta, in sottoclassi cioè la IgG1, l’IgG2, l’IgA1, la IgA2 ecc.
La molecola delle immunoglobuline è formata da due catene leggere identiche di 214 amminoacidi il cui peso molecolare è di 22 kDa e da due catene pesanti di 450 amminoacidi dal peso molecolare di 55 kDa.
Le due tipologie di catene sono tra loro legate da ponti di solfuro. Il processo con l’enzima papaina separa la molecola in due frammenti FAB, cioè Fragment Antigen Binding o frammento che lega l’antigene, e in un frammento cristallizzabile, Fc, anche detto in lingua inglese crystalizable fragment.
Inoltre le immunoglobuline che appartengono a una stessa classe, cioè di uno stesso isotipo, mostrano frammenti Fc che conferiscono a una stessa classe le medesime caratteristiche dal punto di vista si fisico che chimico. Esse consentono, per esempio, il passaggio della molecola anticorpale attraverso la placenta o attraverso il latte materno. Inoltre, consentono anche le stesse funzioni effettrici, come la capacità di legarsi a cellule dell’immunità, mediante l’attuazione del processo di opsonizzazion, o di attivare il complemento.
Le immunoglobuline della classe denominata G rappresentano l’85% di tutte le immunoglobuline presenti all’interno del sangue. Esse sono quelle che mettono in azione il complemento e favoriscono l’opsonizzazione. Le immunoglobuline appartenenti alla classe, quelle di tipo M costituiscono circa il 5-10% della totalità di immunoglobuline del sangue e si presentano per lo più come pentameri. Esse hanno la particolarità di poter essere combinate con 5 molecole antigeniche in contemporanea.
Le immunoglobuline appartenenti alla classe A sono invece di una quantità che va dal 10 al 20% delle immunoglobuline del sangue e sono presenti in diverse forme di polimerizzazione, ovvero sia sotto forma di monomeri, che di dimeri e di trimeri. La più elevata quantità di immunoglobuline di tipo A è presente nelle secrezioni esocrine come il latte e la saliva. In questo modo, esse vanno a costituire la prima barriera di difesa dell’organismo contro l’avanzare di germi patogeni, cioè la prima parte di quello che nel complesso è definito come sistema immuntario dell’organismo umano.
Le immunoglobuline appartenenti alla classe D costituiscono meno dell’1% del totale delle immunoglobuline presenti all’intero dell’organismo e la loro funzione biologica specifica non è del tutto conosciuta.
Infine, abbiamo le immunoglobuline della tipologia E. Dal punto di vista fisiologico esse sono presenti in una quantità minima all’interno del tessuto sanguigno; esse sono le principali responsabili del manifestarsi di più o meno forti reazioni allergiche; si legano ai leucociti basofili e ai mastociti e determinano la loro degranulazione.
Dalla complessa articolazione delle immunoglobuline, qui spiegata in maniera estremamente dettagliata, si può dedurre, quindi, che il sistema immunitario del corpo umano sfrutta più componenti per garantire all’organismo la giusta sicurezza in caso di aggressioni da agenti esterni e virus.
Vengono impiegate durante la terapia per la profilassi e per la cura di casi morbosi a carattere infettivo o immunitario.
Per molto tempo la somministrazione di immunoglobuline avveniva per via intramuscolare con preparati standard, i quali venivano ricavati dal frazionamento etanolico del sangue che presentano una concentrazione al 16% con una quantità prevalente di immunoglobuline di tipo G.
Nel corso degli anni sono stati compiuti evidenti passi in avanti, in particolare introducendo nella terapia le immunoglobuline somministate attraverso via endovenosa. Questa evoluzione presenta grossi vantaggi e soprattutto comporta la possibilità di usare prodotti infondibili in grandi dosi e in tempi brevi. Ciò ha permesso quindi che una elevata quantità di anticorpi circolasse velocemente nel sangue di quei pazienti affetti da gravi epidemie.
Una delle difficoltà principali incontrate dalla somministrazione di immunoglobuline per via endovenosa consisteva nella formazione di aggregati di molecole e nel rischio di attivazione della via complementare che poteva innescare reazioni collaterali molto gravi nei pazienti, tali da poter mettere a repentaglio la loro stessa vita.
Grazie a queste forme di evoluzione che hanno generato un evidente progresso delle varie procedure tecniche di somministrazione e delle tecnologie dell’industria dei derivati ematici si sono ottenuti prodotti con un elevato livello di sicurezza, oltre che modalità di trattamento più efficace e cure con un’azione notevolmente più rapida.
Essendo dei preparati di derivazione ematica, si pone il problema della trasmissibilità di agenti patogeni generati da virus. Il trattamento con estrazione alcolica fronteggia con un alto grado di sicurezza virus come quelli dell’epatite B e dell’HIV. Adottare anche le opportune procedure dettate da questi casi e dall’insorgere di queste patologie, come l’impiego di detergenti, ha reso ancora più sicuro l’uso dei prodotti anche per altri virus, tra cui quello che provoca l’epatite C.
La somministrazione delle immunoglobuline per via endovenosa ha contribuito in maniera considerevole anche all’evoluzione dell’immunoterapia. In origine, essa era proposta come supporto sostitutivo in quei pazienti che avevano una carenza della produzione del sistema di anticorpi. Infatti, è stato osservato che alcune patologie autoimmuni e malattie del sistema nervoso possono essere trattate solo ricorrendo all’infusione di dosi massicce di immunoglobuline, grazie a cui si riescono a ottenere risultati importanti.
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