Il carcinoma epatocellulare, che viene chiamato anche epatocarcinoma, è il tipo di tumore primitivo del fegato e può insorgere, in gran parte delle occasioni, in soggetti che soffrono di epatopatia cronica, visto che si sviluppa in una forma multifocale in seguito alla diagnosi in circa il 75% dei casi.
Questo tumore primitivo che va a colpire il fegato è strettamente correlato con la diffusione del virus dell’epatite B e di quello dell’epatite C. Si tratta della seconda neoplasia in termini di diffusione mondiale nei bambini, immediatamente dopo l’epatoblastoma.
Nella maggior parte dei casi insorge nei bambini che soffrono di una patologia epatica che è già presente, ovvero cirrosi o fibrosi, ma anche epatite virale, chemioterapie o nutrizione parenterale complessiva. Di solito, l’età media in cui può svilupparsi questo tumore è pari a circa 60-65 anni.
Le sue principali cause
I pazienti che soffrono di cirrosi epatica sono sena ombra di dubbio quelli che corrono il pericolo maggiore di poter contrarre questa forma di cancro. Nel 90-95% dei casi, i pazienti colpiti da tale tumore soffrono di epatopatia o cirrosi di base, ma sono stati registrati anche diversi casi di HCC su fegato che non era cirrotico.
Tra le cause che portano con maggiore frequenza a tale patologia troviamo certamente un consumo eccessivo e costante di bevande alcoliche, emocromatosi, cirrosi biliare primitiva, sindrome metabolica e diabete, esposizione alle aflatossine, ovvero un insieme di microtossine che hanno una provenienza tipicamente fungina, ma anche un’infezione da virus legato all’epatite B o C.
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Via via che la malattia si diffonde iniziano a comparire sintomi specifici, tra i quali il dolore alla parte superiore dell’addome, che si può irradiare anche alla schiena e alle spalle, l’ingrossamento del ventre, la perdita di peso e di appetito, la nausea, il vomito, la sensazione di sazietà, la stanchezza, l’ittero…
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L’epatite B è senza ombra di dubbio la motivazione più diffusa in tutto il mondo, mentre l’epatite C è quella maggiormente frequente nel Vecchio Continente. Quando il paziente presenta la doppia infezione ci sono ancora più probabilità che possa contrarre la neoplasia.
Il decorso della malattia e lo stadio finale
La prognosi di questo tipo di cancro si può ottenere spesso seguendo l’evoluzione della patologia e le principali caratteristiche della neoplasia.
La stadiazione normale si verifica usando la tecnica TNM, che torna piuttosto utile per capire la prognosi di un paziente che ha subito un intervento di resezione, ma che invece non può essere usata per la programmazione dell’intervento chirurgico, dal momento che non tiene conto del grado di severità che caratterizza la patologia epatica.
Il punteggio di Child-Pugh-Turcotte è un altro sistema che permette di valutare la prognosi perioperatoria in seguito alla resezione, ma non tiene conto anche in questo caso di elementi importanti, come il punto in cui è insorto il tumore e le sue dimensioni. Tra le varie tecniche consentono di giungere ad una prognosi efficace e corretta troviamo sicuramente il Japan Integrated Staging System, il Cancer of the Liver Italian Program e il Barcelona Clinic Liver Cancer.
Il primo stadio si compone a sua volta di vari stage ed è sostanzialmente quello che presenta una neoplasia singola e può comportare o meno ipertensione portale importante e dei livelli di bilirubina che sono alterati. Nell’ultimo stage del primo stadio troviamo anche la presenza di tre tumori che hanno dimensioni al di sotto dei 3 centimetri, senza tener conto della funzionalità epatica.
Lo stadio intermedio prevede pazienti che non hanno sintomi, ma presentano tumori multinodulari, senza alcuna penetrazione vascolare e diffusione presso altri organi; nel terzo stadio, detto avanzato, i pazienti presentano vari sintomi e si caratterizzano per avere una modalità di sviluppo decisamente invasiva del tumore, correlata ad aggressione vascolare e diffusione extraepatica.
Lo stadio terminale è il quarto e i pazienti soffrono sempre di sintomi particolarmente severi collegata alla neoplasia, con la presenza di tumori che vengono provocati da una cirrosi scompensata molto intensa.
Epatocarcinoma multifocale
L’epatocarcinoma multifocale si può considerare come una condizione diagnostica legata ad un tumore primitivo epatico maligno che ha comportato lo sviluppo di un gran numero di noduli all’interno del fegato.
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Alcune cause meno frequenti della cirrosi possono essere l’epatite autoimmune, la colangite biliare primitiva, l’emocromatosi, l’assunzione di alcuni farmaci e la presenza di calcoli biliari.
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Si tratta di una situazione molto meno positiva in confronta alla tipologia monofocale, ovvero quella che presenta un solo nodulo tumorale nel fegato. In casi come questo i trattamenti terapeutici sono diversi in base alle caratteristiche e alle condizioni di salute del singolo paziente.
Tra i vari fattori che possono incidere sul tipo di cura che viene scelto troviamo certamente la presenza di varici esofagee individuate mediante la gastroscopia, ma anche le dimensioni delle lesioni epatiche, la rilevazione o meno di metastasi extra epatiche e il punto esatto in cui si trovano le lesioni epatiche.
È importante mettere in evidenza come la multifocalità sia un termine generico che vada poi approfondito caso per caso, dal momento che può comprendere delle situazioni con due o tre noduli e altri pazienti che hanno invece hanno un numero elevatissimo di noduli al loro interno.
I trattamenti locali, come ad esempio l’intervento chirurgico e la chemioembolizzazione, possono tornare utili in tutti quei pazienti che, anche se soffrono di forme multifocali, presentino al massimo 4-5 lesioni o anche di più, a patto che si trovino tutte in una zona ben definita del fegato, ma siano anche collegate ad una riserva funzionale dell’organo sufficiente e le condizioni generali di salute del paziente siano tali da permettere di combattere efficacemente lo stress che viene causata da un approccio terapeutico che può essere più o meno invasivo.
Epatocarcinoma e aspettativa di vita
Effettuare una prognosi non è certamente mai semplice, dal momento che spesso sono quattro i fattori che condizionano tale valutazione: si tratta delle caratteristiche del tumore (lo stadio, il grado di aggressività e il tasso di sviluppo), ma anche le condizioni di salute del paziente, la sua funzionalità epatica e il trattamento specifico con le relative risposte da parte dell’organismo del paziente.
Quando i pazienti soffrono di una patologia non operabile, ad esempio, la cura di solito è quella della terapia ablativa percutanea localizzata: il tasso di sopravvivenza è simile a quello che si può ottenere con la resezione chirurgica. La resezione epatica e il trapianto di fegato permettono comunque di avere una sopravvivenza a cinque anni che si aggira intorno al 50-70% nei pazienti che presentano uno stadio iniziale della patologia.
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Nel caso in cui, invece, le condizioni del paziente fossero peggiori, ovvero quando si tratta di un epatocarcinoma multifocale, le lesioni sono superiori a cinque centimetri, vi è in corso una trombosi portale o ipertensione portale, allora ciascun trattamento deve essere valutato caso per caso, con relativa prognosi che sicuramente sarà meno ottimistica.
Terapie d’intervento
A seconda dello stadio di avanzamento dell’epatocarcinoma si procederà attraverso diversi approcci clinici, di cui di seguito tratteremo in modo approfondito.
La rimozione chirurgica del tumore
Qualora le dimensioni lo consentissero, si può asportare la porzione di fegato in cui è presente la massa maligna. Di solito il diametro limite per la resezione è di 5 cm.
Per ridurre il tumore si può anche provare a bombardarela lesione con cicli di chemioterapia o sedute di radioterapia, e successivamente fissarel’intervento di resezione epatica.
Il trapianto di fegato
Qualora la lesione tumorale fosse estesa, si può ipotizzare un trapianto di fegato o l’innesto di una porzione del medesimo, che come è noto è in grado di rigenerarsi.
Per effettuare il trapianto il paziente deve rispondere a condizioni cliniche e fisiologiche ben precise, ed essere iscritto alla lista trapianti che sulla base del quadro clinico e anagrafico gli assegnerà maggiore o minore priorità.
Cure di tipo non chirurgico
Si può anche procedere in maniera non chirurgica alla remissione da un epatocarcinoma. Tra le cure sperimentate e applicate a seconda dello stadio di avanzamento tumorale vi sono infatti:
- la radioterapia;
- le terapie di chemioembolizzazione e radiembolizzazionedel fegato;
- l’ablazione laser della lesione tumorale, una tecnica poco invasiva che viene utilizzata per contenere lo sviluppo tumorale in attesa di un trapianto di fegato;
- terapie a base di ormoni, che tuttavia hanno portato a risultati poco convincenti dal punto di vista medico.
L’utilizzo di alcool e di frequenze radio nella cura dell’epatocarcinoma: due tecniche molto mirate che proteggono le cellule sane del fegato
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Un paragrafo a parte meritano due tipologie di cura non chirurgica per l’epatocarcinoma, le quali sono l’utilizzo di alcool e di onde radio a determinata frequenza.
L’iniezione di alcool per via cutanea
La prima tecnica si basa sull’iniezione di una soluzione di alcol al 98% all’interno del tumore mediante immagini ecografiche. La molecola alcolica è in grado di eliminare le cellule cancerose, salvando così quelle sane, e cercando di evitare sia il trapianto che la resezione stessa del fegato;
La termoablazione a radiofrequenza
La seconda viene invece definita termoablazione a radiofrequenza, in base alla quale vengono utilizzati una serie di aghi che emettono onde di una particolare lunghezza. Tali frequenze contribuiscono alla necrosi delle cellule interessate dalla mutazione genetica tumorale, risparmiando il materiale citologico in buono stato di salute.
Le due tecniche sopraccitate vengono definite percutanee, ossia non richiedono incisioni o interventi chirurgici, ma si fanno strada attraverso gli strati di pelle del paziente per arrivare all’epatocarcinoma e provocarne la morte.
Bibliografia
- Gianni Bonadonna, Gioacchino Robustelli Della Cuna, Pinuccia Valgussa, Medicina oncologica (8ª edizione), Milano, Elsevier Masson, 2007, ISBN 978-88-214-2814-2.
Voci correlate