Pediatria

Encopresi, un disturbo di defecazione molto diffuso tra i bambini

Quando tale rifiuto prosegue più volte con il passare del tempo, ecco che viene perso lo stimolo. In questo modo le feci fuoriescono in modo involontario in ogni momento.

Encopresi secondaria è quella che insorge nel momento in cui il bambino comincia a non essere in grado di trattenere le feci, nonostante abbia le capacità per farlo.

L’encopresi insorge nel 70% dei casi entro i 5 anni di età. Nel rimanente 30% dei casi si manifesta nel momento in cui il bambino entra in età scolare. Secondo le statistiche, sembra che i maschietti siano quelli più a rischio, in base ad un rapporto di uno a cinque. Di solito un bambino riesce a capire come trattenere e rilasciare le feci in maniera volontaria entro i tre anni di età.

Nel caso in cui i tempi dovessero allungarsi, possono essere numerosi i motivi alla base di tale situazione. Ad esempio, una notevole pigrizia, ma anche più facilmente l’esigenza di avere più tempo a disposizione per poter imparare tale atto.

Il profilo psicologico

I sintomi dal punto di vista fisico sono abbastanza facili da notare. Non bisogna, però, far passare in secondo piano il problema psicologico. I bambini che soffrono di tale disturbo, infatti, possono avere a che fare anche con tutta una serie di effetti collaterali. Ad esempio, possono soffrire anche di ansia, senso di colpa e di vergogna. Possono avvertire spesso un senso di paura nell’essere scoperti e, di conseguenza, giudicati e presi in giro.

Questa situazione porta inesorabilmente ad un possibile isolamento rispetto agli altri bambini. Inoltre, spesso i bambini non vogliono più nemmeno recarsi in luoghi pubblici. Quindi si rifiuteranno di andare a scuola, così come di fare qualsiasi attività sportiva. Capita piuttosto raramente che i bambini possano manifestare anche un carattere aggressivo. Oppure è raro che indichino i vestiti sporcati quasi come se fosse un gesto di sfida nei confronti dei genitori.

Quali sono le cause principali

Le cause di tale disturbo possono essere ricollegate a tre grandi tipologie. Si tratta delle cause anatomiche, di quelle alimentari e, infine, di quelle psicologiche. Chiaramente si tratta di motivazioni che insorgono in maniera differente in relazione all’età.

Le cause anatomiche sono rappresentati da tutti questi disturbi che possono provocare dolore nel corso della defecazione. Ad esempio ragadi anali o stenosi anale. In altri casi la responsabilità potrebbe essere di alcuni morbi collegati con l’intestino. Si tratta, ad esempio, del morbo di Hirschsprung o Megacolon angangliare. Le cause alimentari sono legate ad una scorretta alimentazione.

Il bambino mangia pochi latticini, poche proteine, poche fibre e assume pochi liquidi. In gran parte dei casi emergono delle cause psicologiche. Ad esempio, dei conflitti dal punto di vista emotivo con i genitori. Altre volte c’è semplicemente paura nella defecazione, oppure i genitori hanno impartito una scorretta educazione nell’impiego del vasino.

Come si arriva ad una diagnosi

La diagnosi tempestiva è molto importante soprattutto per evitare conseguenze più gravi dal punto di vista psicologico. Per quanto riguarda la componente fisica, è bene svolgere un esame completo. In alcuni casi viene prescritta anche una radiografia dell’addome.

Un esame rettale non è in genere suggerito, dal momento che potrebbe creare ancora più ansie e problemi psicologici del bambino. Dal punto di vista psicologico, è importante stilare un elenco di tutti i suoi comportamenti.

La terapia

Dal punto di vista fisico, la cura dell’encopresi prevede essenzialmente l’assunzione dei farmaci prescritti dal medico. Per quanto concerne l’alimentazione, il discorso è differente. Il medico dovrà suggerire una dieta adeguata per favorire una consistenza decisamente più morbida delle feci. Al tempo stesso, la nuova dieta dovrà favorire anche il transito intestinale. Dal punto di vista psicologico, bisogna distinguere tra encopresi primaria ed encopresi secondaria. Nel primo caso, è bene intervenire non solamente sul bambino, ma anche sui genitori. Di solito si richiede un consulto con un pedagogista o con uno psicologo per tutta la famiglia. Nella forma secondaria, è bene che sia un esperto a scovare la causa che ha portato a tale disturbo.

Approfondimenti e credit

medicionline.it

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