Malattie

Il diabete mellito: la potenzialità del nano-disordine durante la diagnostica

In alcune persone affette da anemie, insufficienza renale o patologie legate alla sintesi dell’emoglobina nel sangue (emoglobinopatie), la rilevazione del diabete mellito mediante la tradizionale tecnica del prelievo di gocce di sangue può rappresentare un problema.

Per diabete mellito si intende un gruppo eterogeno di disendocrinopatie caratterizzate da una cronica alterata tolleranza glucidica, conseguente ad un difetto assoluto o relativo di insulina. Indipendentemente dai meccanismi patogenetici sottostanti, l’aspetto comune a tutte le forme di diabete mellito è la presenza di iperglicemia a digiuno e/o post prandiale. Sebbene il termine diabete si riferisca nella pratica comune alla sola condizione di diabete mellito, cioè dolce (chiamato così dagli antichi greci per la presenza di urine di tale sapore), esiste un’altra condizione patologica detta diabete insipido. Tali malattie sono accomunate dal solo fatto di presentare abbondanti quantità di urine, non presentando infatti cause, né altri sintomi, comuni.

I nuovi strumenti diagnostici

Data la rarità di questa malattia, ma soprattutto per l’esigenza di implementare nuovi strumenti diagnostici da impiegare in tutti quei casi in cui non è possibile misurare la tradizionale emoglobina glicata (HbA1c) è stato messo a punto l’innovativo biosensore messo a punto da ricercatori dell’Istituto per la microelettronica e i microsistemi (Imm) del Consiglio nazionale delle ricerche di Roma, in collaborazione con colleghi del Department of Mechanical Engineering della Johns Hopkins University (Baltimora, Usa). L’importante risultato è pubblicato sulla rivista Advanced Healthcare Materials. Questo sensore, caratterizzato da elevata sensibilità e selettività, permette l’identificazione di un nuovo indicatore glicemico, l’albumina glicata (Ag), sfruttando le potenzialità di una matrice disordinata di nanofili di silicio rivestiti di argento.

I nanomateriali in ambito diagnostico

L’applicazione biomedica dei nanomateriali in ambito diagnostico è una delle più grandi novità scientifiche degli ultimi anni. Grazie all’intrinseca capacità di interagire su scala nanometrica con sistemi biologici – quali ad esempio virus, batteri, cellule, proteine e Dna – i nanomateriali sono capaci di “catturare” e tradurre informazioni chimico-fisiche non rilevabili attraverso una diagnostica tradizionale”, spiega Annalisa Convertino (Cnr-Imm), tra i firmatari dello studio. “Se utilizzati come sensori, hanno le potenzialità di individuare nei fluidi biologici la presenza di molecole marcatrici o frammenti di DNA in concentrazioni molari molto basse, favorendo così l’elaborazione di nuove metodologie per una diagnosi precoce delle malattie e per l’individuazione e la valutazione di terapie farmacologiche personalizzate”.

L’importanza dell’albumina glicata

Negli ultimi anni l’albumina glicata è emersa come un valido indicatore glicemico alternativo estremamente utile non solo in presenza di patologie ematologiche, ma anche nell’analisi e nel controllo dei cambiamenti rapidi della glicemia, ad esempio dopo l’inizio o la modifica di una terapia. Il team che ha sviluppato il biosensore è formato, oltre che da Annalisa Convertino, da Valentina Mussi e Luca Maiolo per Cnr-Imm, e da Ishan Barman e Debadrita Paria per la Johns Hopkins University. “Il biosensore sfrutta la sinergia tra la ridotta dimensionalità dei nanofili e la loro disposizione disordinata. In questo modo infatti, da un lato le biomolecole di albumina glicata contenute in un campione biologico sono efficacemente intrappolate nella matrice di nanofili, dall’altro si aumenta l’interazione del campo elettromagnetico presente tra le nanostrutture e le biomolecole, amplificando così la risposta del biosensore”, aggiunge le ricercatrice. I risultati della ricerca aprono la strada ad una metodologia diagnostica del diabete mellito rapida, predittiva ed utilizzabile in tutti quei casi per i quali non è possibile applicare la diagnostica tradizionale. Il lavoro è stato supportato, per la parte italiana, dal progetto congiunto “Scalable nano-plasmonic platform for differentiation and drug response monitoring of organ-tropic metastatic cancer cells” (US19GR07) finanziato dal Ministero degli affari esteri e della collaborazione internazionale (Maeci) nell’ambito de Programma di cooperazione scientifica e tecnologica Italia-Usa 2019-2021.

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