La cistite è un disturbo di cui soffre una donna su due, ma si evidenzia un eccessivo utilizzo di antibiotici: in questo modo “si rischia l’inefficacia”. A sottolinearlo è la Fondazione italiana continenza (Fic), che ha presentato un documento che integra le linee guida di trattamento. “Una donna su due ha sofferto di cistite almeno una volta nella vita e il farmaco che le è stato prescritto era quasi sempre un antibiotico e non sempre quello giusto”, afferma Roberto Carone, presidente emerito della Fondazione Italiana Continenza e past president della Società Italiana di Urologia, nel corso della presentazione del Position Paper elaborato dalla Fic insieme a medici di famiglia, farmacologi, ginecologi e urologi appartenenti a numerose società scientifiche.

Il fenomeno dell’antibiotico-resistenza

L’esperto sottolinea, “è però in preoccupante crescita e non sempre il trattamento, ancora considerato d’elezione dalla maggior parte dei medici, porta a un miglioramento delle condizioni e ad evitare che il problema si ripresenti. Oggi studi scientifici e pratica clinica ci dicono che terapia e prevenzione si fanno spesso con una terapia non antibiotica come ad esempio con una buona integrazione di D-mannosio ad alte dosi”.

Un minaccia per la salute pubblica

“L’antibiotico-resistenza è una minaccia per la salute pubblica, in Italia e nel mondo – afferma Francesco Scaglione, Docente di Farmacologia alla Statale di Milano e responsabile della Farmacologia del Niguarda -.  Gli antibiotici sono stati sicuramente una delle scoperte più importanti dell’uomo, ma a soli 70 anni dalla loro introduzione, siamo di fronte alla possibilità di un futuro senza questi farmaci efficaci per diversi tipi di batteri”. Nel 2018, ricorda, secondo i dati dell’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC) la resistenza dell’Escherichia coli è arrivata al 64,5% per le aminopenicilline; al 41% per i fluorochinoloni; al 28,7% per le cefalosporine di terza generazione; la situazione è ancora più grave per quanto riguarda la Klebsiella Pneumoniae con una resistenza del 52,7% ai fluorochinoloni e del 53,6 % alle cefalosporine di terza generazione”.

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