Endocrinologia e metabolismo

Castrazione chimica: punitiva, cambio di sesso e antitumorale

La castrazione chimica è una tipologia di castrazione provocata da farmaci a base di ormoni e che ha come scopo quello di ridurre la libido e inibire l’attività sessuale. Di solito non si tratta di un provvedimento definitivo. La castrazione chimica oggi è nota come misura preventiva nei confronti di coloro che si sono macchiati di crimini come stupro e pedofilia. Questa pena viene già applicata per reati a sfondo sessuale in diversi paesi del mondo: USA, Canada, Polonia, Russia, Gran Bretagna, Danimarca, Svezia, Norvegia, Spagna, Germania e Francia. La legge spesso prevede che sia lo stesso pedofilo a poter richiedere questo tipo di intervento su base volontaria, ottenendo in questo modo sconti di pena.

La castrazione chimica non è accettata da tutti perché ne viene contestata l’applicazione in base al diritto civile che sarebbe infranto in base alla costituzione di diversi paesi. Il cuore della questione riguarda in particolare l’obbligatorietà della castrazione chimica, un trattamento sanitario invasivo e invalidante che andrebbe bilanciato con la necessità di prevenire il reato di questo calibro. Stupri e pedofilia sono reati che lasciano gravi traumi nella vita dei minori e delle donne e ha un forte tasso di recidiva, ai confini con la malattia psichiatrica, che sfugge quindi alla capacità effettiva di autocontrollo da parte del pedofilo o stupratore una volta uscito dal carcere. In Italia la proposta di castrazione chimica è stata fatta da vari esponenti politici come misura per coloro che si sono macchiati di reati a sfondo sessuale, ma ad oggi non è stata introdotta.

La castrazione chimica per il cambio di sesso

Per cambiare sesso da uomo a donna, nei soggetti transessuali, la castrazione chimica è eseguita come prima fase preliminare del percorso ormonale necessario. Quindi nulla che abbia a che vedere con la prevenzione o la repressione di crimini. La trasformazione in questo caso è irreversibile già dopo 6 mesi di trattamento farmacologico. Questo tipo di passaggio sessuale interessa ogni anno 100 italiani e legalmente deve essere anticipato (un iter che può durare anche 3 anni) da sedute psichiatriche, psicologiche e sessuologiche e dalla conferma di un consulente del Tribunale. Una volta approvata la trasformazione sessuale il soggetto deve rivolgersi ad un endocrinologo.

Quando un uomo inizia il processo di transizione per diventare una donna il suo endocrinologo gli prescrive una terapia farmacologica a base di estrogeni. Le pillole vanno assunte costantemente. Gli ormoni possono causare danni epatici, quindi la somministrazione deve essere monitorata da un medico. È altamente rischioso fare una terapia ormonale per conto proprio in autonomia. Le dosi prescritte vanno rispettate, il sovradosaggio può rallentare e complicare il processo di transizione sessuale.

Dopo un certo periodo dall’assunzione dei farmaci, il corpo si trasforma: i testicoli si fanno più piccoli anche se non scompaiono. I peli e la barba crescono più lenti, aumenta un po’ il volume del seno. I muscoli diminuiscono di volume ed il grasso del corpo si ridistribuisce diversamente (su fianchi e natiche). Questi farmaci causano castrazione chimica:

  • l’erezione progressivamente diminuisce
  • presto l’eiaculazione scompare
  • la libido cala
  • aumentano gli sbalzi d’umore: riduzione aggressività, depressione
  • Aumenta il rischio di problemi epatici con rischio, sebbene ridotto, di trombo embolia polmonare, ipertensione.

Castrazione chimica e tumori

La castrazione chimica può anche avere scopi terapeutici quando si tratta per esempio di asportare un tumore. Il testosterone è l’ormone prodotto dalle cellule del testicolo. Esso è responsabile della libido (anche nella donna), della maturazione degli spermatozoi e della fertilità. Nel cancro alla prostata il blocco del testosterone sembra avere effetti positivi contro il cancro, con quella che viene definita terapia antiandrogena. Questa diminuisce infatti i disturbi urinari e frena in modo consistente la crescita delle metastasi di questo tumore.

Il testosterone ha un’azione trofica che stimola le cellule della prostata per cui la terapia nel caso va a intervenire sulla parte carcinomatosa (anche del 35-40%) ma anche sulla parte sana. A seguito della terapia è anche più facile isolare la parte malata per curarla con più precisione con radioterapia. In sostanza la terapia antiandrogena non è altro che una castrazione, che può essere chirurgica (orchiectomia) oppure trattarsi di castrazione chimica, cioè farmacologica.

Anche per le donne viene fatta una terapia analoga: si blocca la produzione ormonale di estrogeni (testosterone e progesterone) per la cura dell’endometriosi, per terapie che porteranno pi alla fecondazione assistita, per proteggere l’ovaio di donne con tumori alla mammella o di altri genere.

Come avviene la castrazione chimica

La sostanza usata maggiormente per la castrazione chimica è il medrossiprogesterone. Questa agisce a livello cerebrale andando ad inibire gli ormoni che stimolano i testicoli a produrre testosterone. L’uomo è impossibilitato a procreare e la castrazione chimica determina anche cambiamenti fisici e psicologici determinati dall’alterazione dell’equilibrio a livello ormonale. Il soggetto muta fisicamente verso un corpo con caratteristiche più femminili: l’adipe di appoggia sui fianchi, sulle cosce e sulle mammelle. L’erezione e l’eiaculazione scompaiono, così come anche la libido. Anche la donna può essere sottoposta a castrazione chimica: il flusso mestruale viene bloccato e si blocca anche l’eventuale sviluppo delle mammelle. I sintomi sono equivalenti a quelli della menopausa.

Il farmaco viene introdotto nell’organismo mediante un’iniezione che va a bloccare l’ordine di sintesi di testosterone a livello dell’ipotalamo o si può inibire la produzione con progestinici (medrossiprogesterone acetato) o antiandrogeni (ciproterone acetato) rispettivamente con impianti sottocutanei o compresse per bocca.

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