Quando si parla di cardiotocografia si vuole indicare un esame molto diffuso in ostetricia che serve ad evidenziare lo stato generale del feto. Tale strumento, riesce a captare la frequenza delle contrazioni uterine in maniera tale da comprenderne anche l’entità di esse, durante il parto.
Come si esegue la Cardiotocografia
L’esame Cardiotocografico è molto semplice da effettuare e non invasivo, e non comporta alcun rischio sia per la mamma, che per il bambino. La sua durata è di circa 30 minuti, e si esegue poggiando sull’addome materno, due trasduttori, che vengono mantenuti in posizione grazie all’impiego di due fasce elastiche.
Il primo trasduttore si chiama Toco, e si posiziona sull’addome materno a livello del fondo uterino, in maniera tale da poter rilevare le contrazioni. Il secondo trasduttore invece, è una sonda ad ultrasuoni, in grado di captare la frequenza del ritmo cardiaco del feto. Viene poggiato sempre sull’addome della futura mamma, però in base alla posizione in cui si trova il bambino. Durante il tracciato Cardiotocografico vengono registrati:
1. La linea base: la frequenza cardiaca basale media (vn 110-160 bpm)
2. La variabilità: la differenza che c’è tra la frequenza massima e quella minima (10 e 15 bpm)
3. La presenza di accelerazioni: l’aumento della frequenza cardiaca media
4. La presenza di decelerazione: la netta riduzione della frequenza cardiaca media
5. I movimenti fetali attivi: la presenza di movimenti fetali, percepito dalla mamma
Quando si esegue la Cardiotocografia
La Cardiotocografia, è un esame che viene effettuato sia durante la fase del travaglio, che nelle ultime settimane di gestazione. In quest’ultimo caso, è indicato per fornire e verificare lo stato generale di salute del feto. Infatti grazie ad essa, è possibile non solo accertare eventuali patologie che potrebbero compromettere il feto, ma in modo particolare, per confermare il suo benessere.
Non vi sono controindicazioni, e lo possono effettuare tutte le donne in gravidanza. Tendenzialmente, tale esame viene eseguito dalla 37esima settimana di gestazione, e salvo precise indicazioni da parte del ginecologo, l’esame viene ripetuto una volta a settimana fino al giorno del parto. La Cardiotocografia è molto utile quando la gestazione giunge al termine previsto per la nascita del bambino, ed esso non accenna a nascere. In tal caso, visto il grande rischio di mortalità perinatale e morbidità, dato il protrarsi della gravidanza, è opportuno far eseguire alla mamma una valutazione attenta dello stato di salute del feto.
Una volta superata la 40esima settimana di gravidanza, sia tale esame CTG, che il controllo bisettimanale del liquido amniotico, sono considerati i due test più sensibili, in grado di rilevare in maniera precoce segni si sofferenza fetale, e stabilire dunque il momento del parto.
A cosa serve la Cardiotocografia
Il tracciato Cardiotocografico di base, ovvero l’NST non stress test secondo gli autori anglosassoni, e la registrazione della frequenza cardiaca del feto, eseguita in assenza di fattori che possono essere di stimolo al feto stesso. L’impiego clinico di tale esame, si basa sul presupposto che, il feto in normali condizioni di benessere generale, presenta un tracciato di base caratteristico, dove i principali elementi peculiari, sono la presenza di accelerazione, concomitante con i movimenti, ed una variabilità che possiamo definire buona, per quel che riguarda la linea di base.
Un tracciato che invece viene definito reattivo, la linea di base oscilla tra i 120 ed i 160 bpm, e sono presenti oscillazioni continue della frequenza del ritmo cardiaco, intorno a valori intermedi di variabilità. Inoltre, possono essere presenti anche variazioni in accelerazione al di sopra dei 160 bpm, che molto spesso vengono associati al movimento del feto nel grembo materno e che sono indice di reattività, quindi di assoluto benessere.
Questo esame inoltre, viene da moltissimi esperti considerato più importante ed accurato, in presenza di una gravidanza a rischio. Ma di fronte a tale affermazione, vi sono attualmente moltissimi pareri discordanti, anche riguardo all’impiego nella gravidanza fisiologica, specialmente nella fase del travaglio e del parto.