L’aritmia cardiaca è un disturbo che si manifesta con il cambiamento del normale ritmo cardiaco. Generalmente il nostro cuore batte con un ritmo regolare ed ha una velocità compresa tra i 60 ed i 100 battiti al minuto. Tale patologia, incide sui ventricoli o camere inferiori del cuore. Quando un soggetto avverte che qualcosa sta mutando nel battito cardiaco rispetto a prima, deve tempestivamente rivolgersi dal proprio medico.
Aritmia extrasistolica ventricolare
L’aritmia extrasistolica ventricolare, proprio come tutte le forme di aritmia, è una anomalia del battito cardiaco, generalmente di natura benigna, che si manifesta in presenza di forte stress, e non a causa di una cardiopatia occulta. Qualche volta però, tale disturbo potrebbe essere il solo segnale di altre patologie più importanti a carico del cuore, che vanno ricercate tempestivamente.
Per comprendere in cosa consiste l’aritmia extrasistolica ventricolare, dobbiamo fare chiarezza sul muscolo cardiaco. Il cuore è formato da quattro cavità, due situate nella parte superiore, ovvero gli atri, e due in quella inferiore, ovvero i ventricoli. Il battito cardiaco, in condizioni di salute ottimale, si genera dagli atri, ma in presenza di extrasistole, accade il contrario. In determinati momenti, il battito può essere anticipato nella parte ventricolare con delle contrazioni che a loro volta anticipano l’impulso atriale.
Aritmia ventricolare benigna e maligna
L’aritmia ventricolare benigna, insorge con lo spostamento anomalo e temporaneo nella parete ventricolare del nodo, che genera gli impulsi alle fibre muscolari del cuore. A causa di questo, il nostro cuore manda dei segnali sbagliati, che vanno ad alterare la normale concentrazione del ventricolo dando origine alle extrasistole. Il paziente percepisce una sorta di colpo o battito molto strano al torace, che normalmente dura pochi secondi, ma che può ripetersi senza provocare conseguenze gravo al soggetto.
In casi più gravi, tali disturbi possono essere di origine maligna, ed insorgono a causa di un infarto del miocardio oppure di una cardiomiopatia dilatativa, provocando nel malato una serie di fibrillazioni che potrebbero determinare l’arresto cardiaco e la morte. Per salvare il paziente dal rischio di morte, bisogna intervenire tempestivamente con un defibrillatore, che produce carica elettrica in grado di arrestare quella sbagliata. Nel caso non sia possibile adoperare tale attrezzatura nell’immediato, il paziente deve rivolgersi al primo soccorso più vicino.
Terapia farmacologica
I medicinali più utilizzati per il trattamento dell’aritmia ventricolare sono: beta-bloccanti o calcio-antagonisti, che aiutano a rallentare il polso e farmaci antiaritmici, che normalizzano il battito cardiaco ed aiutano a ridurre l’aritmia ventricolare. Per la terapia a lungo termine abbiamo: defibrillatore cardioverter impiantabile, ovvero un dispositivo impiantato sotto pelle, che ha la funzione di monitorare l’aritmia dando una scossa elettrica quando lo ritiene necessario, ablazione transcatetere, ovvero l’inserimento di cateteri flessibili e molto stretti in uno vaso sanguigno fino a raggiungere il cuore. Tale dispositivo, è situato nel sito del ritmo cardiaco anormale, ed eroga energia tramite radiofrequenza mediante la punta, per eliminare l’aritmia.
Classificazione delle aritmie ventricolari
Due cardiologi americani Bernard Lown e Marshall Wolf, nel 1971 proposero una classificazione delle aritmie ventricolari. Tali classificazione era rivolta a tutti i pazienti con pregresso infarto del miocardio, riferendosi ai dati che avevano a disposizione dopo aver effettuato ai soggetti l’Holter per 24 ore. Con il passare del tempo, la classificazione venne utilizzata anche in pazienti che non mostravano cardiopatie ischemiche. Oggi viene ancora utilizzata sia in campo della medicina Legale, che assicurativo.
Tale classificazione, divide i pazienti in sette classi che sono state ordinate in maniera gerarchica e mutualmente esclusiva. I criteri adoperati per la classificazione sono due: il primo è la frequenza delle extrasistole ventricolari, compreso il loro numero in intervalli di tempo, il secondo, la loro complessità, ovvero la modalità con il quale insorgono e si ripetono una dopo l’altra. Con la classificazione, non solo si ordina le extrasistole in maniera gerarchica, ma per esempio che se un paziente manifesta il fenomeno R su T, questo viene inserito nella quinta classe, indipendentemente dal numero dei battiti prematuri che manifesta e dalla loro complessità.
Cosa sono le aritmie sopraventricolari
Le aritmie sopraventricolari, conosciute anche come “tachicardia sopraventricolare”, si generano dalle camere superiori del cuore, ovvero dagli atri, oppure dal punto esatto di collegamento elettrico tra le camere superiori e quelle inferiori, nella giunzione atrio-ventricolare. Tale disturbo è caratterizzato da una frequenza cardiaca molto elevata, che superare i 100 battiti al minuto.
Tendenzialmente questa aritmie si manifestano nei soggetti in forma parossistica, con un inizio ed una fine improvvisa, intervallato da un periodo lungo di stabilità, mentre raramente hanno carattere iterativo, ovvero che vanno e vengono in continuazione, oppure incessante che si manifestano uno dietro l’altro ed hanno un intervallo brevissimo. La tachicardia sopraventricolare è scaturita il più delle volte da un disordine elettrico del cuore, come il circuito di rientro, che in condizioni favorevoli una volta attivato, da origine alla tachicardia.
Terapia per la tachicardia ventricolare
Quando all’origine di tale disturbo c’è una cardiopatia , il trattamento farmacologico ha un duplice obiettivo, ovvero risolvere la patologia cardiaca e risolvere il disturbo delle aritmie. Tutto questo ci fa comprendere, come nella maggior parte dei casi, tali problemi sono uno la conseguenza dell’altro. Nei pazienti che non sono affetti da cardiopatia, la tachicardia ventricolare tende a risolversi in maniera spontanea, per questo l’impiego di farmaci in questo caso, è da evitare. In ogni caso, consigliamo sempre di rivolgervi ad un medici specialista per sottoporvi eventualmente ad esami più approfonditi. Quando la tachicardia ventricolare ha colpito persone sane ma si mostra persistente e sostenuta, la cura prevede: cardioversione farmacologica e cardioversione elettrica.
Nel primo caso l’obiettivo primario è ripristinare il normale ritmo cardiaco con la somministrazione di: antiaritmici, Lidocaina, Amiodarone, Procainamide e Beta bloccanti. Nel secondo caso, è necessario ripristinare il normale ritmo sinusale, mediante l’utilizzo di apparecchiatura dotata di due piastre che vengono applicate sul torace del malato. Tale tecnica molto utilizzata prende il nome di defibrillazione.