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La parola deriva dal greco “angeion”, che indica vaso, e “graphein”, ovvero scrivere, e quindi rappresentare.
La medicina ufficiale parla infatti di rappresentazione dei vasi sanguigni o linfatici. L’esame diagnostico viene eseguito con un liquido di contrasto.
La tecnica venne inventata dal neurologo portoghese Egas Moniz, a cui fu attribuito anche un Nobel per la medicina nell’immediato dopoguerra. Egli, nel 1927, utilizzò i raggi X nell’angiografia cerebrale iniettando il contrasto. Lo scopo era la diagnosi per tumori e alterazioni del sistema circolatorio. Negli anni 50 venne perfezionata con la tecnica Seldinger, meno pericolosa rispetto alla pionieristica tecnica precedente.
Per eseguire l’angiografia si utilizzano varie tecniche di imaging biomedico. Sono quattro le tecniche che permettono la rappresentazione per immagini dei vasi sanguigni:
L’angiografia viene considerata una tecnica poco invasiva. C’è si la presenza di un liquido di contrasto da inserire nella circolazione, ma questo, a meno di allergie, non crea fastidi. Il contrasto viene inserito tramite un’endovena, e questo è l’unico fastidio da sopportare, oltre alla radiografa.
Si parla anche di arteriografiae, o di coronarografia. Per inserire il liquido di contrasto, si utilizza un catetere. Questo viene inserito in un grande vaso, di quelli che collegano gran parte dell’apparato circolatorio. Un esempio è la carotide, ma anche l’arteria femorale.
La scelta del vaso dipende dall’area che serve raggiungere per l’esame. Il catetere viene dunque inserito in una regione limitrofa o direttamente nella stessa area. Viene dunque iniettato il liquido di contrasto.
In alcuni casi, come per l’utilizzo della risonanza magnetica (MRA, Magnetic Resonance Angiography), il mezzo di contrasto viene iniettato con un intravenosa, oppune nemmeno utilizzato, durante alcune tecniche particolari.
L’angiografia non è un esame che serve ad un solo scopo. È infatti un esame di base per la diagnosi di varie malattie, e l’individuazione di diverse terapie.
Le tecniche di angiografia classiche sono quelle più semplici e primordiali. Sono le tecniche ancora più utilizzate, mentre quelle più moderne vengono usate solo per casi specifici.
Nelle tecniche classiche si usano i raggi X. Il liquido di contrasto iniettato è radio-opaco. Una volta ottenuta l’immagine, questa può essere visualizzata usando un sistema fisso, cioè una pellicola, o un fluoroscopio.
Le tecniche moderne consentono anche la dinamicità, ed è possibile visualizzare dei video delle arterie. Quando si parla di angiografia sottrattiva si intende la tecnica DSA, in cui il primo passo è prendere un’immagine anteriore all’inserimento del contrasto. Il paragone tra questa e le successive, consente la limitazione degli errori.
Il motivo per cui si deve utilizzare il liquido di contrasto è nel coefficiente di attenuazione, quando viene colpito dai raggi X. Essendo pressoché uguale ai materiali biologici dell’ambiente adiacente, il vaso ha bisogno, per essere evidenziato, di un contrasto.
Oltre alla classica angiografia, si può utilizzare la risonanza magnetica o la tomografia computerizzata. Grazie a queste tecniche sono state diminuite le esposizioni alle radiazioni per i pazienti.
La risonanza infatti viene eseguita con radiazioni non ionizzanti. Sono le due tecniche non invasive dell’angiografia. L’abbassamento della soglia di radiazioni è fondamentale per la salute del paziente. Nonostante sia una tecnica considerata abbastanza sicura, ci potrebbero essere rischi anche per la stessa vita. Le tecniche moderne di imaging stanno comunque superando questo problema.
Il liquido di contrasto deve essere naturalmente idrosolubile. Quando il vaso è raggiungibile, il liquido può essere iniettato direttamente nel vaso interessato, senza coinvolgerne uno dei principali. Nei vari casi, la medicina attribuisce diversi nomi all’esame, per differenziare la zona coinvolta. Ventricolografia, coronarografia, aortografia, sono tutti nomi per indicare la stessa tecnica usata per regioni diverse.
Il catetere invece va a raggiungere la parte interessata, prima di rilasciare il liquido di contrasto. In questi casi, la tecnica prevede l’esecuzione di un’anestesia leggera, che possa evitare dolore al paziente. Quando si è sottoposti all’iniezione del liquido, potrebbe esserci una percezione sensoriale di innalzamento della temperatura.
Successivamente saranno i reni, attraverso la minzione, a provvedere all’espulsione del liquido di contrasto. La sua eliminazione avviene per via renale ed urinaria.
Naturalmente, la lastra radiologica è il primo supporto utilizzato per l’angiografia. Oggi si utilizza chiaramente la digitalizzazione delle immagini, che a differenza della lastra, consente di mostrare le dinamiche della circolazione. Con la lastra si aveva invece un’immagine fissa.
Si usa comunque ancora largamente la pellicola per salvare singole immagini e video. Dal video vengono estrapolati dei fotogrammi per inviarli all’ingrandimento e studiare il vaso nei particolari.
Uno dei grandi vantaggi dell’angiografia è quello di poterla far seguire da un intervento immediato nella zona interessata. Con i moderni sistemi di digitalizzazione infatti, una volta individuato il problema sullo schermo, è possibile operare subito.
Nel caso di infarto per esempio, quando si evidenzia l’occlusione della vena, è possibile inserire la sonda per l’applicazione degli stent. Lo stent è una gabbietta metallica che apre le vene e le arterie occluse, per ripristinare la normale circolazione del sangue. Questa è l’angioplastica, comunemente utilizzata in questo tipo di patologie.
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