L’aterosclerosi è, in particolare, una malattia molto diffusa nella società occidentale: in passato i casi di decesso a seguito di complicazioni dovuto ad aterosclerosi erano molto meno numerosi se paragonati al giorno d’oggi. Tali disturbi sono stati amplificati nella loro incidenza da diversi fattori, come l’abuso di fumo ed di alcol, la dieta sregolata e la sedentarietà delle generazioni moderne.
L’aneurisma addominale: un killer silenzioso.
Tra le patologie di tipo cardio-vascolare più insidiose c’è l’aneurisma addominale. Questa condizione viene originata proprio dall’aterosclerosi, che dà origine ad una alterazione della struttura originaria delle pareti arteriose. Le pareti delle arterie, intaccate dall’aterosclerosi, perdono tono ed elasticità, diventando più soggette a deformazioni e a dilatazioni, spinte dalla pressione arteriosa.
Mentre in una condizione normale le arterie sono indeformabili e resistono bene alla pressione del sangue, con l’aterosclerosi ci si trova di fronte a pareti arteriose denaturate e facilmente deformabili. Ecco, quindi, che la pressione del sangue non trova più una barriera resistente e compatta, e finisce per far dilatare i vasi sanguigni dando vita ad un aneurisma. Gli aneurismi, se non vengono scoperti e trattati in tempo, continuano ad espandersi, finché le pareti non arrivano ad un punto di non ritorno e si rompono.
L’aneurisma addominale colpisce nella maggior parte dei casi (circa il 98 per cento) la zona sottorenale e le arterie iliache. Più di rado (il 2 per cento dei casi) l’aneurisma si localizza sopra il livello delle arterie renali.
I fattori di rischio di questa patologia sono diversi. L’aneurisma, nella maggior parte dei casi, è asintomatico fino alla sua rottura, caratteristica, questa, che fa dell’aneurisma dell’aorta addominale un killer silenzioso. Inoltre, le chance di subire un aneurisma addominale tendono ad aumentare con l’avanzare dell’età e se in famiglia sono presenti soggetti con la stessa patologia. In aggiunta a tutto ciò, infine, gli aneurismi addominali tendono ad avere un decorso molto più veloce e più drammatico rispetto a quelli, per esempio, che interessano l’aorta toracica.
Quali sono i sintomi che possono avvisarci della presenza di un aneurisma addominale?
Come abbiamo già accennato, riconoscere i sintomi di un aneurisma addominale in atto è molto difficile. Le ragioni sono molteplici. Ciò accade, innanzitutto, perché l’aneurisma non dà segni al soggetto che ne soffre fino alla sua rottura: se viene scoperto in tempo, di norma è per una pura casualità (magari durante un controllo di routine o una visita generica).
Non di rado un aneurisma in evoluzione si presenta con dolore alla schiena.
Il problema, però, è che nelle persone non più giovanissime (le più soggette al rischio di aneurisma addominale), il dolore alla schiena può essere scambiato per acciacchi tipici dell’età avanzata oppure con altre patologie, sempre tipiche degli anziani. Un buon medico, di fronte ad un anziano che lamenta dolore alla schiena, dovrebbe sempre fare anche una palpazione addominale, per assicurarsi che non si tratti proprio di un aneurisma. Nella maggior parte dei casi, però, la sintomatologia appena descritta viene sottovalutata, mettendo in serio pericolo il paziente.
In linea generale, specie se in famiglia ci sono altri casi di aneurisma addominale, bisogna allarmarsi in presenza di dolore addominale o di dolore nella parte bassa della schiena, entrambi con una pulsazione marcata. I rischi maggiori sono riferiti a soggetti in grave sovrappeso e anziani. Altri soggetti a rischio sono gli ipertesi cronici, i fumatori, gli infartuati e coloro che soffrono di malattie cardiovascolari.
Come si cura un aneurisma dell’aorta addominale?
I metodi risolutivi per questa patologia sono due: un intervento chirurgico standard, con apertura dell’addome dallo sterno fino al pube, chiusura temporanea dell’aorta ed inserimento di una protesi apposita, oppure un intervento endovascolare, con l’inserimento di cateteri che raggiungono la sede dell’aneurisma e l’applicazione di una protesi specifica, che viene fissata sull’aorta.
Entrambe le soluzioni prevedono che il paziente, in seguito all’intervento, si sottoponga periodicamente a controlli specialistici e test di vario genere, per valutare la tenuta delle protesi e l’esito dell’operazione.