L’acido urico è una sostanza organica azotata che viene prodotta dalla degradazione delle purine esogene (assunte mediante l’alimentazione) e endogene. Ma perchè si misura? E quali sono i valori di riferimento?
Cominciamo con il ricordare che la misurazione dell’acido urico serve per distinguere tra una sua eccessiva produzione e una sua inadeguata eliminazione attraverso le urine. Dunque, la misurazione dell’acido urico serve per poter prevenire o diagnosticare alcune patologie che vengono ricollegate all’incapacità dell’organismo di espellere correttamente questa sostanza tramite l’urine, la bile o la sudorazione. I valori di riferimento variano tra 3,4 e 7 mg/dl per gli uomini e tra 2,4 e 6,5 mg/dl per le donne.
I rischi della presenza di acido urico nel sangue oltre soglia, non sono particolarmente gravi, a meno che non si superino dei livelli particolarmente ingenti (circa 70 mg/dl). In queste ipotesi, infatti, si verifica una situazione patologica di iperuricemia: il sangue proverà a liberarsi dell’acido urico depositandolo nei tessuti e nelle cartilagini delle articolazioni, rendendolo in tal modo causa di alcune patologie come la sclerosi, i calcoli renali, le artriti, le artrosi, e così via.
Stabilito quanto precede, possiamo compiere un ulteriore passo in avanti, e cercare di capire perchè aumentino i livelli di acido urico. Generalmente, l’innalzamento delle soglie può avvenire per una ridotta funzione renale, per un’alterazione del ricambio delle purine, per ascessi, empiemi, emolisi, chetoacidosi, trattamenti ai raggi X, anemia, alcolismo, alimentazione ricca di carne e legumi, e così via.
Di contro, una diminuzione dei livelli di acido urico si verificheranno in caso di patologie renali, emopatie, nefropatie croniche, acidosi lattica, digiuno, abuso di alcol, terapie farmacologiche a base di cortisone, estrogeni, salicilati.
Alla luce di quanto precede, segnaliamo infine come per poter evitare un incremento sostanziale di acido urico, sarebbe opportuno introdurre un’alimentazione che escluda acciughe, aringhe, sardine, sgombro, uova di pesce, cervella, cuore, fegato e interiora in genere, e riduca il consumo di carne, legumi, crostacei, insaccati, senza tuttavia rinunciare alle protine che sono trovabili nel latte, nello yogurt, nelle uova, ecc. È infine necessario moderare l’apporto di lipidi e fruttosio (quest’ultimo presente soprattutto nella frutta zuccherina ed essicata come i fichi, che favoriscono la ritenzione di acido urico), e – di contro – favorire un’alimentazione ricca di amidi (che favoriscono l’escrezione di acido urico), e sia sempre e comunque all’insegna della moderazione calorica.