Celiachia e polmonite batterica: il Covid spaventa
La celiachia (o malattia celiaca) è una permanente malattia sistemica/enteropatia immuno-mediata, scatenata dal glutine in soggetti geneticamente predisposti. L’unico trattamento ad oggi efficace per questa condizione è una rigorosa dieta senza glutine per tutta la vita. In Italia si stima che la prevalenza della celiachia sia intorno al 1%, corrispondente a circa 600.000 celiaci. Di questi, poco più di 214.000 sono diagnosticati. Allo stato attuale delle conoscenze, è plausibile che le persone con celiachia non complicata, in trattamento dietetico e senza segni clinici e sierologici di attività di malattia in corso e in buono stato di nutrizione, non presentino un maggior rischio, rispetto alla popolazione generale, di contrarre l’infezione da SARS-CoV-2 o di un avere un decorso più sfavorevole. I celiaci che non seguono un adeguato trattamento dietetico, che hanno sviluppato complicanze, in particolar modo l’iposplenismo, o che presentano una malattia auto-immune associata alla celiachia, sono a più alto rischio infettivo, rispetto alla popolazione generale.
Celiachia e COVID-19
Al momento attuale, non ci sono in letteratura studi che indagano direttamente il rischio di COVID-19 nei celiaci. In considerazione delle evidenze indirette disponibili, è plausibile che le persone con celiachia non complicata, in trattamento dietetico, senza segni clinici e sierologici di attività di malattia in corso e in buono stato di nutrizione, non presentino un maggior rischio, rispetto alla popolazione generale, di contrarre l’infezione da SARS-CoV-2 o di un avere un decorso più sfavorevole. I pazienti affetti da celiachia complicata dalla presenza di iposplenismo sono immunodepressi a causa della ridotta funzionalità della milza e quindi vanno considerati ad alto rischio di contrarre l’infezione. Per questi individui, devono essere applicati con rigore le misure di prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2, quali il distanziamento sociale e l’uso dei DPI previsti dall’Autorità Competente, e l’inclusione in eventuali programmi di diagnosi precoce, promosse a livello territoriale. Inoltre, questi pazienti vanno sottoposti a profilassi vaccinale e antibiotica contro le infezioni da batteri capsulati e devono seguire una rigorosa dieta senza glutine. In particolare, la polmonite da Pneumococco è stata riportata come una frequente coinfezione del SARS-CoV-2 (13).
Nel valutare il rischio COVID-19 nei pazienti celiaci, è importante considerare anche la presenza di
complicanze neoplastiche e patologie auto-immuni associate alla celiachia. Al momento, non è possibile definire il rischio COVID-19 specifico per i pazienti celiaci non diagnosticati e quindi non adeguatamente trattati, per l’impossibilità di identificare questi pazienti nella popolazione generale. Una risposta a questo quesito potrebbe venire dall’analisi dell’evoluzione dell’infezione da COVID19 in soggetti in cui si documenti la presenza di autoimmunità celiaca.
Celiachia e rischio infettivo
Un articolo scientifico pubblicato nel 2016 riporta che il rischio di contrarre polmonite di comunità da pneumococco per i soggetti celiaci è sovrapponibile a quello della popolazione generale, purché i celiaci siano a dieta senza glutine e abbiano ricevuto la vaccinazione anti-pneumococcica. È inoltre dimostrato che il rischio di polmonite batterica è maggiore per i celiaci, rispetto i soggetti sani, prima della diagnosi di celiachia, quindi nel periodo in cui questi erano esposti al glutine con la dieta e al danno conseguente (9). La più frequente omplicazione della celiachia causa di immunodepressione è l’iposplenismo, che si sviluppa solo nel celiaco adulto esposto al glutine per molti anni, o con celiachia complicata o accompagnata un’altra malattia auto-immune.
L’iposplenismo nella celiachia è parzialmente glutine-dipendente, per cui migliora solo parzialmente dopo l’inizio di una rigorosa dieta senza glutine (10). L’iposplenismo determina una suscettibilità alle infezioni da batteri capsulati (Pneumococcus, Haemophilus Influenzae, Meningococcus) (11). Un recentissimo studio attribuisce una mortalità aumentata del 20% per malattie respiratorie (incluse le polmoniti) nei soggetti celiaci, dipendentemente dalla presenza di iposplenismo (12). È quindi consigliato che tutti gli individui celiaci siano sottoposti a profilassi vaccinale verso lo Pneumococco e il Meningococco, iniziando anche da adulti se non hanno ricevuto il ciclo previsto di legge da bambini. Un’altra condizione associata alla celiachia che, a loro volta, comporta immunodepressione è il deficit di IgA (che compare nel 2% dei casi di celiachia).
Infine, i pazienti celiaci affetti da complicanze neoplastiche, da celiachia refrattaria e da malattie autoimmuni vanno considerati a più alto rischio infettivo, sia per la patologia che hanno sviluppato che per l’eventuale terapia immunosoppressiva che possono stare seguendo. Nella letteratura scientifica, non vi sono studi sul rischio di pecifiche infezioni virali o di polmoniti interstiziali per le persone celiache.
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